Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
La drammatica e turbolenta vita del pittore Antonio Ligabue.
Elio Germano all’ennesima potenza: se ancora esistono detrattori dell’attore romano, di fronte alla sua interpretazione in questo film non possono che arrendersi; non solo il Nostro è chiamato a un ruolo dall’altissimo coefficiente di difficoltà (e per il personaggio in sé, e per la durata del racconto, che si estende lungo alcuni decenni), ma viene per di più automatico il paragone con il Flavio Bucci protagonista del Ligabue diretto da Salvatore Nocita nel 1977. E non è facile azzardare un vincitore tra i due. Ad accomunare le due opere c’è la produzione Rai; la prima era un lavoro espressamente realizzato per la tv (per quanto ad alti standard), questa è una pellicola prodotta da Rai Cinema per il grande schermo, affidata a un regista esperto come Giorgio Diritti, lontano dal cinema da ben sette anni (Un giorno devi andare, 2013, era la sua ultima firma). Diritti scrive anche la sceneggiatura insieme a Tania Pedroni, con la collaborazione di Fredo Valla; il lavoro di ricostruzione storica è ottimo e nelle due ore di durata del film il ritmo rimane sempre a livelli accettabili. Oltre a Germano il cast non vanta nomi di particolare rilievo nelle parti centrali, mentre in ruoli marginali troviamo caratteristi notevoli quali Duilio Pizzocchi e Gianni Fantoni. La crudezza delle vicende vissute da Antonio Ligabue garantisce inoltre un livello di drammaticità e di emotività piuttosto alto. Orso d’argento a Berlino per Germano: indiscutibile. 6/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta