Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Il dialetto emiliano, il territorio e i suoi luoghi esibiti, la bravura sublime di Elio Germano. Ma è solo un esercizio di mimetismo, senza storia e senza pathos, che compie il peccato sacrilego di escludere in toto l’artista, la pittura, l’atto creativo.
Giorgio Diritti, come un Ermanno Olmi privato di lirismo e sconforto, fa quello che sa fare meglio, ciò che ha fatto da sempre nel suo cinema: rimane aggrappato alla terra, la riprende con sentita dedizione, la racconta come uno che l’ha vissuta e conosciuta nel profondo. Il problema di “Volevo nascondermi” è però che Antonio Ligabue non dipinge praticamente mai, se non in una sequenza fulminea. E l’apparizione della madre nel finale è di una banalità sconcertante, (in)degna chiusura di un percorso che in realtà non è un percorso, ma solo un pregevole album fotografico.
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