Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Il regista bolognese Giorgio Diritti, autore dell'acclamato "L'uomo che verrà", alle prese con un bio-pic sul pittore Antonio Ligabue, di cui era già stata fatta una cinebiografia per la televisione negli anni 70 diretta da Salvatore Nocita e interpretata da Flavio Bucci. Si tratta di una pellicola che volutamente rifiuta la linearità narrativa in favore di un approccio impressionista e frammentario, con ampio ricorso ai flashback soprattutto nella parte iniziale, che salta avanti e indietro nel tempo causando un certo spaesamento nello spettatore meno preparato. E' un film che può contare su molte qualità di scrittura e di interpretazione, con una resa figurativa che spesso può essere definita giustamente pittorica per la sensibilità con cui sono rese le ambientazioni e il paesaggio emiliano, con un regista che gioca in casa e ne trae molto spesso un vantaggio evidente; ci sono singole immagini che racchiudono splendidamente il senso di interi passaggi narrativi, e raccomanderei soprattutto l'inquadratura finale che viene subito dopo la sequenza della morte fra gli esempi più compiuti ed emozionanti dell'opera. Il ritratto di Ligabue l'ho trovato un pò più convenzionale, nonostante l'evidente simpatia con cui è rappresentato dall'autore e la performance maniacale di Germano, tecnicamente inappuntabile ed emotivamente vibrante, che non sfigura accanto a quella memorabile che ci dette pochi anni fa di Giacomo Leopardi, altro genio infelice. Il regista parte da una citazione iniziale di "The elephant man" di David Lynch, ma poi nel suo approccio alla diversità, per quanto serio e scrupoloso, non evita di ripetere cose già viste al cinema in molti film, così da rendere questo "Volevo nascondermi" il classico film d'attore che si regge sulla performance eccezionale dell'interprete di turno, ma meno sorprendente di quanto si potesse pensare. E le sequenze in cui Toni si veste con abiti a quanto pare femminili forse accennano a qualcosa senza spiegarlo troppo bene, quindi meritavano un approfondimento che Diritti in ultima analisi non offre nonostante due ore abbondanti di proiezione. Un buon risultato, in ogni caso, che si spera possa riportare l'attenzione anche su questa singolare figura d'artista, che nel film viene paragonato a un certo punto da un critico a "quel pittore olandese di cui tanto si sente parlare".
voto 7/10
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