Trama
Tokyo, 1940. Kayo e Shigeru, uno scrittore, sono sposati da tempo e hanno due figlie. Un giorno la polizia irrompe nella loro modesta abitazione per arrestare l'uomo con l'accusa di tradimento. Ora tocca a Kayo (che le figlie chiamano Kabei) far sì che le figlie possano vivere una vita serena nonostante la detenzione del padre. Il nonno materno, ufficiale della polizia, aveva sempre contrastato il matrimonio della figlia e ora si vede anche posto sotto accusa dai colleghi perché ha un genero sovversivo. Kabei viene aiutata solo da un ex studente del marito, da sua sorella e da uno zio tanto rozzo quanto di buon cuore. Quando però la guerra con gli Stati Uniti esplode la situazione si fa ancor più difficile Kayo difenderà la famiglia accudendo i figli durante la guerra e difendendo il marito durante gli anni di carcere e anche dopo la sua morte.
Note
La storia famigliare si intreccia a quella politica del Giappone in guerra. Il tutto raccontato in flash-back dalla figlia primogenita. Tratto dal romanzo autobiografico di Teruyo Nogami (a lungo collaboratore alle sceneggiature per Akira Kurosawa), è uno dei film più intensi di Yamada.
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Commenti (4) vedi tutti
Un cinema delicato, sincero, toccante quello di Yamada. Un'opera che fa i conti col passato novecentesco del Sol Levante fino alla disfatta del "45. L'impianto tecnico televisivo nuoce un poco, mentre la Yoshinaga domina il cast. In ultima analisi, il film che i grandi cineasti giapponesi degli anni 50 e 60 non hanno mai avuto il coraggio di fare.
commento di Inside manYamada è fantastico nello scindere la stupidità umana tra quella insita ma fondamentalmente innocua che è in ognuno di noi e quella invece strutturale delle gerarchie del potere che porta solo sciagure.
commento di Utente rimosso (LuCciolo6nove)Nonostante il Tema trattato risulta assai dispendioso da seguire senza addormentarsi anche per colpa dell'eccessiva lunghezza.voto.4.
commento di chribio1più di due ore di rara delicatezza e intensità, come solo alcuni maestri del cinema giapponese sanno fare.
commento di giovenosta