Regia di Joe Berlinger vedi scheda film
Siamo alla fine degli anni ’60 quando Ted e Liza si conoscono. Lui studente di legge, si innamora di questa giovane ragazza madre, e decide di prendersi cura di lei e di sua figlia Molly, proprio mentre la polizia indaga sulla misteriosa scomparsa di numerose ragazze, nelle zone che i due amanti frequentano. Ted è davvero il serial killer che tutti pensano o è soltanto un povero innocente vittima di errori giudiziari e prove dubbie? È questa la domanda che lo spettatore tende a farsi per tutta la durata della pellicola di Joe Berlinger, a patto che non si conosca la storia vera del protagonista, uno dei serial killer più spietati degli Stati Uniti, accusato di oltre trenta omicidi di giovani donne innocenti.
A vestire i panni di Bundy è Zac Efron, il giovane belloccio di Hollywood è cresciuto e sembra davvero voler fare il possibile per togliersi di dosso l’aura del “troppo bello per essere anche bravo” che spesso avvolge chi possiede un fascino notevole, ancor di più se le scelte lavorative non sono sempre state apprezzabili, e c’è da dire che qui ci riesce, molto più di quello che avrei pensato. Posato e determinato, oscuro come il fascino che caratterizza il protagonista della pellicola, capace di creare con lo spettatore l’empatia necessaria per consentire che il dubbio si installi nella mente, fino al rivelatorio finale.
Grazie anche ad una sceneggiatura ben costruita e all’utilizzo di un montaggio serrato, la narrazione risulta scorrevole tanto quanto piacevole e attanaglia lo spettatore fin dalle prime inquadrature, lasciandolo solo ai titoli di coda che, come in una sorta di documentario aggiuntivo, finiscono per riassumere la storia raccontata attraverso immagini reali di repertorio, anche, forse, per far notare quanto la rappresentazione degli eventi sia stata molto simile al vero.
Pur non comprendendo l’utilizzo di alcune inquadrature, che vanno dall’impiego della messa a fuoco fino ai primi piani dei volti che poi lentamente zoommano sugli sguardi rivelatori, che in alcuni punti risultano eccessivi, il lavoro di Berlinger è notevole, considerando anche che si tratta di un esordio alla regia, ci troviamo davanti ad una pellicola che decide di omettere il profilo psicologico, e il movente che anima la mente del killer, concentrandosi sul lato umano fin troppo sviluppato per un omicida tanto spietato, accompagnando lo spettatore alla verità attraverso una graduale rivelazione dei fatti, levando esponenzialmente la tensione che garantisce così l’apprezzato effetto sorpresa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta