Regia di Joe Berlinger vedi scheda film
Se non siete avvezzi alla lettura, anche retrospettiva, delle pagine di cronaca nera o se vivete sulla luna (dipende dalle vostre preferenze) e non avete mai sentito parlare di Ted Bundy, allora fermatevi qui con le lettura, sennò c'è il rischio che mi accusiate di spoiler. Sappiate però che se ancora non vi siete ripresi dalle immagini raccapriccianti che Von Trier vi ha mostrato ne La casa di Jack per raccontare la storia di un altro serial killer, stavolta vi troverete nella condizione opposta: non vedrete neppure una goccia di sangue. Il film narra la storia, dal punto di vista della ragazza madre (Collins) verso la quale Bundy si mostrò come un premuroso compagno, di un assassino che - come suggerisce il titolo originale - venne definito dal giudice che decretò la sentenza che spedì Bundy sulla sedia elettrica, "estremamente perverso, incredibilmente malvagio e vile". Belloccio, dotato di una facondia formidabile, apprezzato dal gentil sesso ma soprattutto abilissimo manipolatore di persone e mass media (il suo fu il primo processo in diretta tv della storia), Bundy iniziò la sua carriera di assassino seriale nel 1974, scatenando la sua devastante furia omicida sempre e soltanto contro le donne. Lo interpreta, con felicissima sorpresa, il divo di tanti detestabili teen movie, Zac Efron, peraltro straordinariamente somigliante all'originale. La regia è sorvegliata, lo stile narrativo assai classico e la scelta di lasciare lo spettatore sul crinale tra colpevolezza e innocenza del protagonista sicuramente riuscita. Possibile che quel promettente e avvocato capace di difendere se stesso nei processi più difficili (rigorosamente filologica la ricostruzione di quello finale, come si capisce dai titoli di coda) sia davvero l'autore di tanti esecrabili delitti compiuti in diversi stati americani?
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