Regia di Justin P. Lange, Klemens Hufnagl vedi scheda film
Dall'Austria un esordio fiacco, privo di originalità (nel rispetto dello scontato titolo) e decisamente insoddisfacente. Frutto di un regista che tenta di scalare gli alti (e per lui impossibili) picchi del cinema d'Autore. Ne esce un pastrocchio indifendibile, con un finale incredibilmente trascurato.
In una baita sperduta tra i boschi -denominata Devil's den (tana del Diavolo)- giunge il pregiudicato Josef (Karl Markovics), assieme al giovane Alex (Toby Nichols) vittima di abusi, e accecato dal suo sequestratore. In quel luogo, però, è presente Mina (Nadia Alexander), un'altra giovane vittima di violenza. Uccisa dal suo molestatore, la ragazzina è tornata dal mondo dei morti. Si nutre con i corpi delle sue vittime, tra le quali finisce anche Josef. Quando Mina scopre Alex, all'interno delll'auto del criminale, il suo comportamento violento cede il posto alla pietà.
Con un titolo così scontato (e già più volte utilizzato), dall'Austria Justin P. Lange tenta la strada della regia. Privo di idee e di una valida sceneggiatura, l'esordiente riprende pari pari un suo omonimo cortometraggio diretto cinque anni prima. Senza alcun approfondimento psicologico dei protagonisti porta in scena una patetica storia d'amore, sotto metafora, tra due adolescenti non omologati al più normale standard bempensante. The dark procede in ordine sparso, senza dare alcuna motivazione alle immagini che si susseguono sullo schermo: così non capiamo chi sia e cosa abbia fatto Josef. Ma il film prosegue anche peggio quando propone Mina, uno zombie (come che fosse cosa di tutti i giorni incontrarne) che ha però le fattezze di una posseduta (il volto sembra quello di Linda Blair ne L'esorcista). Chi è? Da dove arriva? Perché è così violenta? Justin P. Lange se ne infischia di ogni minimo senso logico e sembra addirittura allergico alle spiegazioni. Procede per sottrazione (di ritmo, di gore, di emozioni) e prolunga oltre i novantacinque minuti una storia già estremamente monotona anche per un cortometraggio.
Si nota una certa cura di messa in scena, una notevole fotografia e i piccoli interpreti che si immergono con convinzione nelle parti. Ma il tutto affonda nel mare magnum dei film brutti e insignificanti, in questi ultimi anni sempre più affollato da mediocri tentativi di esordio d'Autore. Di quegli Autori che hanno bisogno di una seduta di psicanalisi e tentano di farsela (coinvolgendo come cavie gli sventurati spettatori) realizzando un film. C'è da domandarsi come al Fantaspoa International Fantastic Film Festival abbia potuto conseguire riconoscimenti (come miglior sceneggiatura poi!). Ma queste giurie, troppo spesso tanto dubbiamente affascinate dai debuttanti, ci fanno o ci sono?
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