Regia di Eva Vives vedi scheda film
Eva Vives, regista spagnola, ha pensato bene, per il suo esordio cinematografico, di creare un pot-pourri di tutto ciò che è di tendenza oggidì. Abbiamo quindi una protagonista bianca, ebrea, che ha una relazione con un uomo di colore, e ha inoltre un'amica latino americana omosessuale che si occupa di cultura orientale e sostiene un'oasi per l'accoglienza di gatti abbandonati. In più abbiamo una serie infinita di "fuck" e "fucking" (tradotti nel doppiaggio in "cazzo") e altro linguaggio molto volgare con parecchi vocaboli usati per definire l'organo genitale femminile, una selva di diti medi che puntano poeticamente verso il cielo e una nutrita collezione di conati di vomito che colpiscono ora la tazza del water, il pavimento, il viso di chi sta copulando con la protagonista, piatti nei quali si sta mangiando e bicchieri dove si sta bevendo, per poi essere di nuovo ingurgitato dalla protagonista di cui sopra. La simpatica Vives si gioca poi l'asse di briscola verso la fine, "bambina stuprata dal padre per otto lunghi anni", quindi come si vede c'è un'ampia scelta di momenti significativi e pieni di pathos. Le sorti della pellicola vengono parzialmente risollevate dalla interpretazione di Mary Elizabeth Winstead, indubbiamente brava.
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