Regia di Colin Minihan vedi scheda film
Opera del canadese Colin Minihan, che conferma qui -in un contesto realistico- l'ottima versatilità ai testi e in cabina di regia già dimostrata anche nel lavoro precedente, ovvero Deserto rosso sangue.
Jackie (Hannah Emily Anderson) e Jules (Brittany Allen) formano apparentemente un'affiatata coppia omosessuale, convolata a nozze da un anno. Per celebrare la ricorrenza, Jackie ospita la "moglie" in un isolato cottage di famiglia, circondato da un lago sul cui altro lato abita Sarah (Martha MacIsaac). Proprio a seguito della visita della vicina, Jules apprende che Jackie ha mentito sulla sua identità, essendo emerso che il suo vero nome è Megan. Quando poi apprende che un'amica di Megan, da piccola, è morta nel lago in circostanze misteriose, i sospetti si fanno largo nei suoi pensieri, per trovare conferma quando, in un momento di intimità, Megan la spinge giù da un dirupo. Jules, pur gravemente ferita, si salva solo per sperimentare la follia omicida di quella che si dimostra essere tutt'altra persona. Una persona impensabilmente crudele e feroce.
Il contrasto tra l'inizio e l'inattesa svolta che avviene dopo circa mezz'ora, produce una sensazione di disturbante malessere durante la visione. Soprattutto in virtù della eccellente interpretazione delle due bravissime interpreti, in grado di passare da delicate scene omoerotiche e affettuose (mano nella mano e languide carezze) a insostenibili momenti di allucinante violenza, che si manifesta -ottenendo un effetto amplificato- soprattutto sul piano psicologico.
Quando Megan impone a Jules di mangiare due toast, ad esempio, mette davvero indisposizione la dettagliata descrizione che la psicopatica sanguinaria dà come giustificazione: "Nel caso che ti facciano l'autopsia, non devono trovarti a stomaco vuoto." E proprio la figura dell'assassina, affetta da disturbo bipolare alle estreme conseguenze, mette la pelle d'oca per come -lucidamente e senza alcuna coscienza- agisce e pensa. Che non fa differenza in scambio dei termini, perché la freddezza con cui uccide, ad esempio, i due vicini di casa (facendone poi pezzi da gettare nel lago) denota un istinto primordiale mille volte peggiore di quello predatorio di una fiera feroce. Perché Megan prova un piacere immenso nell'atto che precede l'omicidio (privo di motivazione, ovvero eseguito banalmente a fine ludico, come dimostra l'incredibile inseguimento in barca) ferendo in profondità, psicologicamente, la vittima. E pur in un contesto di estrema violenza, con due cadaveri ancora caldi, pone a Jules il polso per farle sapere che i battiti cardiaci sono regolari, indice di una calcolata (ir)razionalità, di un sangue freddo e di un gelo interiore a dir poco spaventoso. What keeps you alive non richiede uno sforzo mentale per essere seguito, che pone in scena un contesto allucinato tra "vittima e carnefice" inevitabilmente collegato al rito istintivo della caccia. E non è un caso che Megan si metta alla ricerca dell'ormai ex -ferita, delusa e dolorante- indossando una mimetica e armata di fucile e coltello. Jules non è l'ultima preda, come dimostrano i macabri trofei nascosti dietro una testa impagliata d'un orso: tante infatti sono le catenine regalate alle precedenti "amanti" di Megan, feticisticamente collezionate nel rispetto di una mentalità sadica e criminale che denota un atteggiamento costante e proprio dei serial killers.
Fatte le dovute differenze singolare appare, per similitudine, "l'incidente" sulla scogliera, pressoché analogo a quello visto in Revenge, anche perchè pure questo film è davvero ben fatto, in grado di gelare il sangue nelle vene per quello che implica. La tensione non cala mai di tono, evocata dalla costante sfida tra l'una (sgraziata, androgina, sottomessa, tradita, umiliata e mai amata) e l'altra (bella, femminile, dominante, orgogliosa, priva di sentimenti e adorata). Non sorprende scoprire come il tutto sia opera del talentuoso canadese Colin Minihan, che conferma qui le sue indiscutibili qualità come sceneggiatore e regista, dopo il fulminante precedente di It stains the sands red (2016). What keeps you alive si muove con grazia in territori terrificanti, quelli di una mente (saffica e) malata, consapevole d'essere tale e anziché afflitta da rimorsi, mai sazia di infliggere il Male. Pur se al Nocturna Madrid International Fantastic Film Festival (2018) a portare a casa il premio come miglior attrice è Brittany Allen, la figura destabilizzante di Jackie/Megan (alter doppio ego femminile di Jekyll e Hyde) interpretata dalla bravissima Hannah Emily Anderson si imprime nella memoria, in virtù di un contrasto totalmente accentuato tra la delicatezza delle scene iniziali e la crudeltà di quelle successive. Senza scordare, poi, la significativa esibizione con chitarra (Bloodlet / A demon inside) e quel tragico finale, chiuso in un nerissimo -e indimenticabile- unhappy ending (qui nemmeno accennato perché lo spoiler sarebbe da peccato mortale).
Curiosità
Anche in questa circostanza, dimostrando il valore universale ed evocativo della composizione musicale, è inserito in un contesto estremamente funzionale, il malinconico brano Sonata al chiaro di Luna di Beethoven.
Bloodlet / A demon inside (la bellissima versione OST)
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