Regia di Marc Forster vedi scheda film
Diciamocelo senza addurre tanti giri di parole: viviamo in una società globale che fa dell’ingratitudine un mantra. Se non rispetti pienamente i suoi canoni, non hai speranza alcuna di avere successo. Se non ti allinei, sei respinto, rispedito al mittente come un pacco erroneamente costituito o difettoso.
Negli ultimi anni, i cinefili se la prendono con la Disney per la sua egemonia, ma le rare volte in cui la casa di Topolino ha azzardato scelte alternative, per non dire coraggiose, è finita sempre male, in un economico bagno di sangue.
È successo con Il drago invisibile, ricapita puntualmente con Ritorno al bosco dei 100 acri. Entrambi meritevoli e in egual modo snobbati dal pubblico.
Londra, a valle della Seconda Guerra Mondiale. Christopher Robin (Ewan McGregor) è completamente dedito al suo lavoro e scarsamente presente a casa, con sua moglie Evelyn (Hayley Atwell) e la figlia Madeline (Bronte Carmichael) bisognose della sua presenza.
Quando Christopher si trova al cospetto della prova del nove, riceve la visita di Winnie The Pooh.
Grazie a lui, capirà quali sono le priorità da non trascurare.
Anche se ci dicono il contrario, è ancora possibile sognare. Se è vero che la vita non è un film, che è dura e ci mette quotidianamente alla prova, non dobbiamo mai accantonare i valori fondamentali, quelli che semplicemente ci rendono umani.
Il ritorno al bosco dei 100 acri, non è altro che il ritorno alla vita, il risveglio di sensi trascurati e quindi erroneamente sopiti. Tutti siamo stati bambini, ci siamo creati un microcosmo e amici immaginari che ci siamo lasciati alle spalle.
Marc Forster - un regista flessibile che non compie miracoli ma, quando ha un buon soggetto (qui scritto a più mani, tra le quali quelle di Alex Ross Perry), non lo vanifica (Monster’s ball, Vero come la finzione, Il cacciatore di aquiloni) - dà vita a un family movie d’altri tempi, una versione inedita per Winnie The Pooh dopo i successi antichi e altre riproposizioni animate, con valori schietti, esposti con estrema trasparenza.
Un esemplare moderno di realismo magico, che riesuma il fanciullino insabbiato dentro di noi, a partire da una carrellata d’ingresso emozionante e galoppante.
Indubbiamente, nel suo complesso, il meccanismo, ha una dose di retorica, ma contemporaneamente è palpitante. Mette in chiaro le priorità, invita apertamente lo spettatore adulto a guardarsi dentro, a compiere un passo indietro e ripensare ai comportamenti adottati dinnanzi a quelle scelte dolorose che creano diaspore.
Insomma, invita a riprendere possesso della fantasia per contrastare il grigiore imperante, a riportare in equilibrio il rapporto tra responsabilità e piacere, ricordando che tanto è facile perdersi, quanto è difficile ritrovarsi, e che chi trova un amico, trova un tesoro.
Un pensiero positivo e propositivo, che trova pieno compimento nella pregevole integrazione tra personaggi in carne e ossa e quelli animati in live action, simbolo di una sensibilità matura, che garantisce una visione in famiglia, sempre se gli adulti hanno ancora un cuore e i bambini hanno ricevuto le indicazioni per svilupparlo.
Dunque, Il ritorno al bosco dei 100 acri è un moderno esemplare di Disney old style che stimola genuinamente la nostalgia, ricordandoci cosa conti nella vita, mettendoci al cospetto delle prove che dobbiamo affrontare, con una lezione morale (inevitabile essere accomodanti) sana e calorosa, che si avvale della spiccata duttilità di Ewan McGregor, calatosi nella parte fino all’ultima cellula.
Agrodolce e rischiarante.
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