Regia di Ang Lee vedi scheda film
Ang Lee affida molto peso specifico alla costruzione delle scene di azione ed agli effetti stupefacenti del programma digitale che ricrea Smith 25 anni più giovane. Tuttavia è il resto a latitare, dalla storia di base vista e rivista, alla sceneggiatura piatta e ai personaggi poco sviluppati. Molta perfezione tecnica per un prodotto superficiale.
Will Smith interpreta Henry Brogan, un sicario professionale al soldo dei servizi segreti che, giunto alla cinquantina, decide di ritrarsi, afflitto da crescenti scrupoli morali per le decine di bersagli eliminati. Ma dopo l’ultima missione, un incredibile impallinamento di un presunto terrorista attraverso il finestrino di un TGV in corsa nella campagna belga, si scopre vittima di tentativo di farlo fuori ordito dal suo ex capo (Clive Owen). Nella rocambolesca fuga che ne segue, affiancato da una spia mandata originariamente a sorvegliarlo (Mary Elizabeth Winstead), Brogan si troverà a sfuggire e poi a lottare nientemeno che con un suo clone (lo stesso Smith digitalmente ricreato nella sua versione ventenne), sviluppato dalla DIA per preservarne le ineguagliabili abilità micidiali degli anni giovanili.
Ang Lee affida molto peso specifico alla costruzione delle scene di azione, riuscendo indubbiamente a girarne di molto spettacolari come l’inseguimento in moto a Cartagena e l’esplosivo scontro a fuoco in un negozio di ferramenta, ed agli effetti stupefacenti del programma digitale che ricrea Smith 25 anni più giovane. Tuttavia è il resto a latitare, a partire dalla storia di base, già vista e rivista in mille spy stories, e dalla sceneggiatura che si mantiene piatta, senza approfondire più di tanto gli spunti offerti da temi quali la clonazione ed il doppio. Preso da una smania tecnica e tecnologica, il film si dimentica di scavare al di sotto di un livello superficiale nella interiorità dei personaggi, con Clive Owen sprecato nel ruolo di un cattivo stereotipato, un’insipida protagonista femminile e Will Smith impegnato a dialogare con se stesso in conversazioni non esattamente memorabili. E in questo Gemini Man assomiglia ahimè molto più a certe baracconate del suo produttore Jerry Bruckheiemer che ai vertici toccati in passato dal suo regista.
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