Regia di Mario Monicelli, Ettore Scola, Dino Risi vedi scheda film
14 anni dopo il suo mitico I Mostri, Dino Risi riprende il progetto di un film-collage ad episodi sugli italiani, arruolando nell'impresa nuovi talenti: Monicelli, Scola, Alberto Sordi. Tuttavia la magia non si ripete e questo seguito appare decisamente inferiore all'originale.
Quattordici anni dopo il suo mitico I Mostri, fotografia spassosamente impietosa dell'Italia del boom degli anni 60, Dino Risi riprende il progetto di un film-collage ad episodi sugli italiani, arruolando nell'impresa: dietro la macchina da presa altri due grandi autori, Monicelli e Scola e, tra gli interpreti, Alberto Sordi, oltre a Gassman e Tognazzi, già protagonisti del primo capitolo, riunendo così una trimurti comica senza uguali nella storia del cinema italiano.
Tuttavia, nonostante l'eccesso di talento coinvolto nelle riprese, la magia non si ripete, e questo seguito appare decisamente inferiore all'originale. Molti sketch lasciano freddi, strappando al massimo un sorrisetto sforzato e non riuscendo, come era avvenuto nel primo film, a mettere con tagliente ed efficace ironia alla berlina i vizi e le ipocrisie degli italiani. Tra i capitoli che mi hanno lasciato perplesso: Autostop con Eros Pagni ed una bella quanto inespressiva Ornella Muti, Mammina e mammone con Tognazzi barbone accumulatore di spazzatura ed escrementi insieme ala madre; L'uccellino della Val Padana con Orietta Berti che perde la voce. L'episodio del terrorista muto, di nuovo con la Muti, può risultare interessante (anche se per lunghi tratti pare un videoclip di Ti Amo di Umberto Tozzi) ma certamente non fa ridere.
Gassman è in realtà presente in un numero limitato di capitoli (si dà botte da orbi con Tognazzi in Hostaria!), mentre la new entry Alberto Sodi è irritante in (First Aid) Pronto soccorso. Speravo anche di vedere almeno una volta la triade Ugo-Vittorio-Alberto dividere la scena, ma questa occasione non è stata colta dagli autori. Tuttavia, passando al lato positivo, Sordi è il protagonista dei due migliori capitoli, gli unici che non avrebbero sfigurato nel film del 1963: Come una regina sull'ipocrisia di un figlio falsamente affettuoso che abbandona l'anziana madre in una terrificante ospizio e L'elogio funebre in cui l'Albertone fa esplodere il suo talento da avanspettacolo in un travolgente funerale-musical.
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