Regia di Peter Farrelly vedi scheda film
Ottimo film, ispirato ad una storia vera. Tra humor e riflessione. Bella la prova degli attori
Siamo a New York City, nel 1962. Tony Vallelonga, detto Tony Lip, fa il buttafuori al Copacabana, ma dopo una burrascosa rissa, risolta “energicamente” da Tony, il locale deve restare chiuso per due mesi. Tony però che ha moglie e due figli, deve trovare il modo per sbarcare il lunario per quel periodo. Le ambigue proposte dei mafiosi locali lo lasciano freddo. Un giorno gli arriva una singolare offerta di lavoro da un certo “dottor” Donald Shirley, un musicista di colore che sta per iniziare un tour di concerti con il suo trio, attraverso gli Stati del Sud, in un'epoca in cui essere nero, soprattutto in quel territorio degli Stati Uniti, era “pericoloso” anche per la propria incolumità fisica, si rivolge a lui affinché gli faccia da autista e non solo. Shirley è consapevole che Tony al di là della sua rozza ignoranza, è un guarda spalle efficace e pratico e Dio solo sa se ne ha bisogno, per il giro che intende intraprendere.
Il musicista nero è colto, veste come un lord inglese, non tollera volgarità ed è piuttosto introverso, suona da Dio, mentre Tony Li, è il suo perfetto opposto, è rozzo, straparla, mangia in continuazione e fuma spesso. Naturalmente il viaggio, da una parte sancirà la consacrazione del talento di Schirley, ma d’altro canto sarà punteggiato da sgradevoli episodi di un razzismo becero e a volte perfino violento, che non risparmierà nemmeno un autorevole musicista che conosce perfino i fratelli Kennedy. Comunque sarà una ghiotta occasione di crescita per entrambi, per Shirley di mettersi in gioco e per Tony di maturare, affrancandosi da stolti pregiudizi. Le sue affettuose lettere per la moglie, che lo aspetta a casa verranno puntualmente corrette dal geniale musicista, gli incidenti di percorso, quasi sempre sbrigativamente spicciati, grazie alla capacità di Tony, di saper usare le mani e talvolta anche le armi. Tra le due persone, completamente agli antipodi per carattere e background culturale, attraverso un serrato confronto, fatto di confidenze ma anche di polemiche recriminazioni, nascerà una sincera e profonda amicizia, ognuno imparerà qualcosa, Shirley discriminato dai bianchi ma anche odiato dalla sua stessa gente che non lo riconosce come uno di loro, per i suoi modi da damerino e le sue finanze grasse, capirà come a volte sia indispensabile scendere dal piedistallo e sporcarsi le mani e Tony che non è solo un ottuso e muscoloso marcantonio, superando i suoi sciocchi preconcetti razziali, intuirà di avere accanto un immenso e sensibile talento artistico, ma anche un uomo vulnerabile, ferito e umiliato solo per il colore della sua pelle e imparerà che talvolta l’autocontrollo è più efficace delle botte. Viaggio di formazione per entrambi
Trionfo come miglior film, sezione commedia o musical, ai Golden Globe 2019. Green Book, film “on the road” in perfetto equilibrio fra comicità e riflessione, ha tante frecce al suo arco. Innanzitutto il tema portante: la discriminazione razziale è stata ed è una vergognosa stigmate, di un America che si sente un paese molto all’avanguardia, ma poi viene meno nei principi fondamentali della convivenza civile, poi l’eccellente prova dei protagonisti Viggo Mortensen e Mahershala Ali. Ispirato alla storia vera di Tony Lip, padre dello sceneggiatore Nick Vallelonga, che ha scritto il film insieme al regista Peter Farrelly. Il titolo fa riferimento al Green Book, una guida pubblicata dagli anni 50 dedicata ai viaggiatori di colore, scritta da Hugo Green, per aiutarli a trovare motel, non certo hotel di livello, dove i viaggiatori afromaericani,avrebbero potuto ricevere ospitalità
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