Regia di Peter Farrelly vedi scheda film
Il salto ha dell'incredibile: da "Scemo e Più Scemo" (girato comunque insieme al fratello) a questo "Book Green" che gli è valso addirittura il premio Oscar, per quel che valgono, oggi. E' Peter Farrelly a sorprendere, non tanto il suo film. La storia è una di quelle che non si capisce come mai sia sfuggita a uno come Steven Spielberg (o Clint Eastwood, se la vediamo da destra), visto che è il connubio perfetto per raccontare di razzismi vari, con la ciliegiona della buona musica e la benedizione di una storia vera. Insomma, tutto perfetto per arrivare all'Oscar e così è stato. Il film non è affatto perfetto, è didascalico, rassicurante in tutto, lineare e a tratti noioso, con un finale terribile e appiccicoso, ed è ruffiano al punto giusto per farsi piacere, e sta in piedi solo grazie a due attori strepitosi come Viggo Mortensen che fa l'italoamericano guascone (uno spasso sentirlo parlare in italiano nella versione in lingua originale) e un misuratissimo Mahershala Alì, che si è guadagnato (meritatamente) la statuina del miglior attore non protagonista. E' bello rivedere Mortensen a questi livelli, visto che non centrava un film almeno da "Appaloosa", ed era il 2008. La storia, vabbé, ha la sua importanza didattica e morale, con tutte le sue cose messe al posto giusto per farci sentire sinceri democratici e farci rabbrividire dinanzi a quell'America razzista che è un po' anche quella di oggi e bla bla bla. Pare tutto studiato a tavolino, righello e goniometro in mano, ma tanto fa, prendere o lasciare. La due ore passano male nella prima parte, molto meglio nella seconda, quando il clima generale del film si fa meno rigido e programmatico. Niente di che, comunque, anche se merita d'essere visto, ma solo una volta.
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