Regia di Peter Farrelly vedi scheda film
Ritorno alla tradizione.
Commento a caldo dopo l'ennesima notte passata stupidamente insonne. Guilty pleasure, pare si dica. Tanto lo sappiamo come funzionano gli Oscars e questa volta ancora di più tutto nella tradizione del political correctness e della grancassa delle majors che promuove la sua merce con bustarelle e regalie varie - vantaggi di cui evidentemente la bravissima Glen Close non gode nella casta hollywoodiana. Ci ha messo del suo vestita come la statuetta, ma non è bastato. Nella tradizione abbiamo detto, poiché il film vincitore rientra nella categoria spettacolo di denuncia contro la discriminazione sociale tratto da biografia. I primi che mi vengono in mente tra i tanti sono: A spasso con Daisy, Shine. C'erano altri film nella stessa categoria che avrebbero meritato maggiormente l'ambita statuetta, per quel che può contare dato che gli Oscars sono, più che altro, un rito di massa come Sanremo per noi e, come tale, deve restare nel solco di un'accoglienza media da parte del grande pubblico. Non possono essere premiati film troppo personali e "artistici", troppo esteticamente innovativi, non immediatamente comprensibili e di scarso successo di pubblico. Di originale Green Book ha che è una biografia narrata con tono da commedia come, d'altra parte, anche un suo film rivale, Blakkklansman di Spike Lee, di maggior pregio. Tra l'altro, non capisco come mai non sia stato premiato Viggo Mortensen che offre una prova d'attore, davvero, eccellente che regge le sorti dell'intero film. Un Oscar per entrambi gli interpreti sarebbe stato più che sufficiente. Il film è certamente spassoso, ma, anche tanto stereotipato e convenzionale.
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