Regia di Gian Luigi Polidoro vedi scheda film
Un film discreto, che si può anche saltare senza problemi, però. Sordi, come sempre, è perfetto in una parte differente dalle sue solite: intimista, riflessivo, ha a che fare con una realtà più disinibita ma anche più fredda della sua, e la guarda con circospezione e eleganza. Una forma di buon gusto italiano, di superiorità tricolore, insolita (almeno alle latitudini sordiane), pervade questo confronto culturale con la realtà svedese, che in realtà non è altro che uno specchio entro cui vedere i tratti tipici dell'identità e dell'educazione italiana: chiusa mentalmente, soffocata dal senso di colpa, dalla gelosia; ma anche più calda, più autentica sotto il profilo morale.
Si era nel ’63, in pieno boom: i costumi andavano allargandosi, e questa è una intelligente lettura di quel mutamento. Detto dei pregi, bisogna citare anche i difetti: il film è lento; qualche colpo di scena la sceneggiatura (pur ben curata da Sonego, con un approfondimento maggiore del solito, e più affine al cinema tecnicamente di alto livello) poteva concedersela (c’è pur sempre grande libertà, quando si parla delle scappatelle di un italiano in vacanza). Il tono medio è rimasto un po’ troppo nordico, nelle atmosfere compassate.
Notevole comunque la resa della seduzione, specie al maschile, anche con le sue defaillances, ma pur sempre con una sua dignità in un certo senso apprezzabile, egregiamente interpretata da Sordi, che sfrutta alla grande la comunicazione non verbale.
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