Regia di Gian Luigi Polidoro vedi scheda film
La critica ufficiale non ha apprezzato questo film ed è facile intuire perchè: la trama è poca, il ritmo è lento (ma il grosso della sceneggiatura venne fatto già sui luoghi delle riprese), gli stereotipi del seduttore latino hanno fatto il loro tempo. Eppure c'è una vena malinconica - complici vuoi i paesaggi innevati, vuoi le immancabili sconfitte del protagonista - che aiuta a superare le più comprensibili diffidenze. Non è il classico film di Sordi gigione presuntuoso che viene ridimensionato dal faccia a faccia con la realtà; non è il classico racconto dell'italiano all'estero (peraltro qualcosa di simile era già stato messo in scena, pochissimi anni prima, proprio dallo stesso Polidoro ne Le svedesi): Il diavolo ha un retrogusto (amarognolo) filosofico, esistenziale, da non sottovalutare affatto. E' la storia, più che di una rassegnazione, di una presa di coscienza: quella della dignità del silenzio negli occhi delle svedesi, quella dell'importanza delle usanze locali, anche quando incomprensibili; non è una cartolina, casomai è un piccolo trattato filosofico sulla donna e in particolare la donna scandinava. Con questo non si vuole sostenere che si raggiungano chissà quali vette di lirismo o chissà quali profondità di riflessione: in fin dei conti, per quanto atipica, è pur sempre una commedia all'italiana.
Amedeo, commesso viaggiatore, va in Svezia per trattare la vendita di un grosso stock di pellicce. Nel suo immaginario sarà però soprattutto una trasferta di conquiste erotiche: lui, il diavolo mediterraneo tentatore, in mezzo alle angeliche, timide, ma generose e disinibite svedesi. Sarà davvero così?
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