Regia di Lewis Milestone vedi scheda film
I primi 15’ raccontano la storia di una sorda ribellione infantile sfociata in una tragedia, dopo la quale una ragazzina e il suo compagno di fughe separano i loro destini. I successivi 30’ (a 18 anni di distanza) seguono in parallelo due coppie: gli emarginati messi insieme dal caso e i coniugi uniti da un segreto terribile. Poi le carte si mescolano, insieme ai tipici ingredienti noir: il passato che ritorna, l’intrico di amore e odio, l’inesorabilità del destino. Film cupissimo, alleggerito solo da qualche tormentone da commedia (il bus che viene continuamente perso); ha il coraggio di essere dissennato al pari di un altro sublime esemplare coevo, Femmina folle di Stahl, e si fa perdonare certi eccessi tenendo inchiodato lo spettatore fino alla fine. Come di consueto nel genere, gli uomini (Van Heflin e Kirk Douglas, esordiente e quasi imberbe) sono i deboli: Barbara Stanwyck fa quello che le riesce meglio, cioè la cara, vecchia, rassicurante dark lady; invece Lizabeth Scott ce la mette tutta, ma proprio non ce la fa a sembrare una brava ragazza. E, sempre come da copione, la morte coincide con il riscatto: la ex ragazzina che ha fatto condannare a morte un innocente, e che è diventata una donna sola e arida come l’aborrita zia, nel momento decisivo rivendica di essere non una Ivers ma una Smith qualunque, ritrovando la propria purezza. Mai voltarsi indietro a guardare, come fece la moglie di Lot.
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