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Asako (I & II)

Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film

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La recensione su Asako (I & II)

di alan smithee
6 stelle

locandina

Asako (I & II) (2018): locandina

71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO 

Asako vive il suo primo amore con la passione travolgente che il destino le ha regalato presentandogli il bel Baku, ragazzo affascinante e un po' misterioso, che sparisce e riappare dalla sua vita, accusandola di essere lei stessa la causa delle sue reiterate assenze.

Ma quando il ragazzo scompare per un tempo che si protrae oltre due anni, e Asako si trasferisce a Tokyo a lavorare in un bar, un bel giorno ella trasalisce quando intravede in un giovane manager, le sembianze così simili da apparire perfettamente coincidenti a quelle dell'uomo della sua vita.

Tutto bene per Asako dunque: i due andranno a vivere insieme, ma quando il Baku originale riappare, riuscire a resistergli sarà impossibile.

Salvo poi rendersi conto che non è probabilmente nemmeno lui quello originale.

Masahiro Higashide, Erika Karata

Asako (I & II) (2018): Masahiro Higashide, Erika Karata

Erika Karata, Masahiro Higashide

Asako (I & II) (2018): Erika Karata, Masahiro Higashide

Attraverso Asako (I & II), Hamaguchi celebra e descrive i dubbi dell'amore, quando la razionalità viene meno ed il sentimento ha la meglio sulla logica e sulla freddezza e razionalità dei propri istinti.

La regia insistente sui personaggi tipica dello stile ormai apprezzato e riconosciuto in pieno di Ryusuke Hamaguchi, che ci aveva già impegnato a fondo coi suoi tempi dilatati sulle piccole nevrosi di coppia che vanno a condensarsi nei 315 minuti di durata del film d'esordio Happy Hours, presentato in Concorso a Locarno nel 2015, rende questa Asako una sorta di donna che visse due volte, ma tuttavia a suo modo razionale.

Va aggiunto anche che già in questo Asako I & II appare incontestabile quanto il cineasta sappia dirigere, tagliare e confezionare con maestria le singole riprese.

Quest'opera, tuttavia, col suo coinvolgere lo spettatore un'altra volta (dopo il menzionato, lunghissimo Happy hour) in una storia di incertezze giovanili utili soprattutto a fornirci nuovamente un ritratto isterico e talvolta ripetitivo di una protagonista tutta scatti d'umore e atteggiamenti scostanti e molesti utili soprattutto ad irritare, non possiede ancora quella profondità genuina che il non meno complesso e controverso dramma posto al centro di Drive my car riesce in modo più maturo ad evocare e scandire.

 

 

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