Regia di Marcel Carné vedi scheda film
Pellicola non di facile fruizione al giorno d'oggi per la densità di contenuti in essa presenti, la caratura artistica imponente è appassionante tanto quanto la storia dietro la lavorazione, che assume connotato leggendari visto il particolare periodo storico in cui fu realizzata, coincidente con l'occupazione tedesca, con tutti i travagli produttivi riflessasi sulla sua genesi in corso d'opera, la quale uscì a liberazione avvenuta nel 1945, divisa in due parti con un successo strepitoso senza precedenti recuperando tutti i soldi spesi grazie ai soli incassi di Parigi, nonchè critiche eccellenti che hanno fatto si che venisse amata da numerose di generazioni di registi ed attori (era il film preferito di Marlon Brando a quanto pare), con tanto di presenza nei cinema per un anno intero a ritmo continuo degli spettacoli giornalieri, data la passione riversata dal pubblico nei confronti di Les Enfants du Paradis di Marcel Carnè (1945), identificatasi alla perfezione con l'enorme moltitudine che affolla il terzo ed il secondo anello del loggione, riservato per lo più al popolino incolto che non poteva di certo permettersi i posti ai lati oppure in platea, molto più costosi del resto, ma il cui umore era ben tenuto in considerazione dagli attori del Funambules, teatro in cui ci si esibisce in pantomima su espressa volontà dell'autorità, che riserva la parola solo alla tragedia ritenuta dall'elite un genere superiore.
Nella baraonda che affolla il Boulevard du Temple, dove si affaccia il Funambules, s'intrecciano varie vicende umane che gravitano intorno alla figura seducente ma al tempo stesso sfuggente di Garance (Arletty), una donna proveniente dagli ambienti popolani, ma fattasi strada nella vita divenendo oggetto di attenzioni di uomini di ogni tipo e genere, la pellicola comincia con l'aspirante attore classico Frederick (Pierre Brasseur), da lei subito liquidato, per poi passare ad un incontro veloce con il ladro-assassino Lacenaire (Marcel Herrand), che coltiva la passione per la scrittura teatrale, nella speice delle commediole leggere, genere da lui prediletto, con l'ambizione mai appagata di vederle in scena, perchè il perno centrale del "realismo poetico" costruito da Carnè insieme al suo fido sceneggiatore, il poeta Jaques Prevet, è che vita e finzione s'intrecciano continuamente tra di loro senza distinzione di sorta, l'unica cosa comune e che funge da perno motorio dell'essere umano, risulta essere l'amore, un sentimento libero, spontaneo, semplice, dove esso non tollera a incatenamenti di sorta a precondizioni o routine di sorta, quanto neppure a costrizioni altrui, pena perderlo del tutto soffrendo, ma nel dolore che esso provoca, l'essere umano finisce per ricercarlo ripetutamente, vittima del destino rappresentato nel film da personaggio di Jericho (Pierre Renoir), la cui presenza è ritenuta funesta da tutti i personaggi dell'opera.
Se il conte Montray (Louis Salou) si illude di ottenere Garance tramite la propria influente ricchezza, sono Frederick e sopratutto il mimo Baptiste (Jean-Louis Barrault), nella loro sofferenza a giovarsi dell'influenza ora dolorosa, ma poi estremamente proficua per le loro carriere professionali, della donna, che passa tra le braccia di un uomo all'altro per poi divincolarsi facilmente non appena ha il sentore che il sentimento venga inaggbiato in sovrastrutture troppo asfissianti. Se Frederick sembra farsene una ragione, elaborando la sua gelosia in chiave artistica, riuscendo a sentire finalmente il personaggio di Otello come un fratello, Baptiste rimurgina amaramente sull'occasione mancata quella notte in una camera di una pensione, quando Garance voleva trascorrerla con lui, ma l'uomo per timidezza si lasciò sfuggire l'occasione, da quel giorno sarà un Pierrot estremamente dinamico nelle sue doti ginniche, ribaltando il giudizio negativo del padre, diventando una star del teatro Funambules, ma in simbiosi con il personaggio che interpreta tutte le sere, innamoato di una Luna, che mai raggiungerà, perchè questa non lo corrisponde nel sentimento tanto quanto lui, il che ne fa un involucro vuoto che dispensa divertimento aal prossimo, ma eternamente triste nella sua condizione.
Garance prende tutto, donando molto meno al suo partner, ma ciò non ne fa una personaggio negativo, visto che la sua sola presenza spinge due falliti come Frederick e Baptiste, verso vette mai toccate in precedenza, semplicemente è una figura che non vuole controlli rigidi, capace di amare tutti allo stesso tempo, perchè lei è una "donna non bella, ma viva", ma come lei stessa riconsocerà, forse il suo vero amore è stato solo uno, probabilmente perchè mai consumato, ma la seconda possibilità per Baptiste porta ad un finale nella monumentale folla di comparse, dove la conclusione rispecchia l'inizio del film, ricollegandosi al concetto di amore di cui Prevet si è sempre rifatto, un eterno schema circolare di corridori pronti ad inseguire il sentimento, dando tutto sè stessi, come attori su un palcoscenico, così di frequente messi in scena da Carnè in ampie porzioni filmiche, che altro non sono che una ricostruzione teatrale della vita stessa.
Sviluppatasi nell'arco di oltre 3 ore, la pellicola divisa in due parti, ora è reperibile finalmente in edizione integrale in Italia, il che mette fine allo scempio delle versioni ridotte circolanti sia nel nostro paese che all'estero, finendolo con il farlo diventare una banale risposta francese a Via col Vento, quanto in realtà nei passaggi eliminati, hanno voluto ignobilmente semplificare ad uso e consumo dello spettatore ignorante, i complessi discorsi sull'arte teatrale, quanto gli indubbiamente difficili, ma stimolanti e pregni di contenuti dialoghi di stampo letterario (ma si legano bene con l'impostazione da palcoscenico della recitazione), che indubbiamente richiedono una soglia di attenzione non comune.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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