Regia di Marcel Carné vedi scheda film
Una romantica storia d'amore e una splendida rievocazione della vita teatrale del primo Ottocento ricostruita con un'accuratezza ed uno sfarzo incredibili, ricordando che il film è stato girato durante la guerra.
“Les enfants du paradis” conosciuto in Italia come “Amanti perduti”, è un film di Marcel Carné, sceneggiato dal poeta Jacques Prevert e con le scenografie del grande Alexandre Trauner e di Léon Barsaq, girato nel 1943/44, durante l’occupazione nazista, ed uscito nel 1945. Quando uscì in Italia, data la sua lunghezza, fu ferocemente mutilato di metà della sua lunghezza originale, riducendolo da 195 minuti a circa 95. Per la recensione ho visionato un dvd della BIM (del 2004) della durata di circa 182 minuti in lingua originale con sottotitoli, acquistato molti anni fa.
La storia è ambientata a Parigi nella prima metà dell’Ottocento lungo il cosiddetto “Boulevard des crimes” dove erano situati numerosi teatri popolari: “paradis” era detto il loggione dove prendevano posto i meno abbienti, comunque appassionati di teatro. La ricostruzione degli ambienti e dell’atmosfera di quell’epoca è ben riuscita e suggestiva. La trama è basata sulla storia d’amore fra il mimo Baptiste Debureau (interpretato da Jean-Louis Barrault) e la bella Garance (interpretata da Arletty, nome d’arte di Léonie Bathiat) intorno a cui si muovono, gli altri personaggi principali: il bandito intellettuale Pierre-François Lacenaire (Marcel Herrand) e l’aiutante Avril (Fabien Loris), l’attore Frédérick Lemaître, il conte de Montray (Louis Salou), lo straccivendolo Jéricho (Pierre Renoir, fratello di Jean), la fidanzata poi moglie di Baptiste (Maria Casarès) e altri numerosi, tali da rendere il film corale. Sono rimasto colpito dall’alto livello della recitazione da parte di tutti i protagonisti e comprimari (tra i quali è particolarmente efficace Gaston Modot come Fil de Soie), forse solo Louis Salou mi è sembrato un po’ legnoso nell’esprimere l’altezzosità dell’antipatico personaggio del conte.
La storia d’amore tra il mimo e la bella Garance è il filo conduttore del film che dà lo spunto per offrire un’efficace e accattivante raffigurazione dell’ambiente teatrale parigino della prima metà dell’Ottocento che ha il suo culmine nelle pantomime splendidamente interpretate dal grande Jean-Louis Barrault e nella messa in ridicolo di uno squinternato dramma da parte dell’attore Lemaître, oltre che negli scorci di vita teatrale dietro le quinte. Alcuni personaggi, il mimo Baptiste Dubureau, l’attore Frédérick Lemaître, il poeta assassino François Lacenaire, sono realmente esistiti sebbene qui le loro vicende siano alquanto romanzate. Sono rimasto colpito dall’accuratezza della ricostruzione storica e dall’impegno produttivo, considerando che il film è stato girato quando era ancora in corso la seconda guerra mondiale.
La sceneggiatura di Prévert dà l’impronta tematica del film di Carné: il motivo del fato, del destino avverso, dell’amore impossibile, di una solitudine profonda dell’uomo. Per Prévert l’amore è l’unica salvezza del mondo, sempre ricercato nonostante le vicissitudini della vita e non può essere dominato, pena la sua perdita.
Oggi il romanticismo della storia d’amore fra Baptiste e Garance credo che appaia fuori moda mostrando chiaramente di appartenere al passato, un passato però in cui i sentimenti avevano un valore e davano un tono alla vita che sembra dimenticato. Nonostante i suoi anni e il suo appartenere al passato, considero questo film uno dei grandi capolavori dell’arte cinematografica che ogni cinefilo dovrebbe conoscere ed apprezzare.
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