Regia di Marcel Carné vedi scheda film
Un altro quattro stelline di Mereghetti, giudicato dagli stessi francesi nel 1990 il loro miglior film di tutti i tempi, "Les enfants du paradis" è secondo me un gran bel film, ma (sarà un'ossessione per me, giudicare quali film lo siano e quali no, ma tant'è) non un capolavoro, quanto meno agli occhi di uno spettatore che lo vede nel 2005. In questo "Amanti perduti", nonostante che la versione italiana sia, a quanto pare, mutilata, c'è un po' di tutto, a partire dalla storia vera del mimo ottocentesco Baptiste Deburau, che inventò il personaggio della maschera triste di Pierrot. Le vicende del mimo sono intrecciate con quelle di molti altri personaggi, con lo schema del romanzo d'appendice alla "I misteri di Parigi" di Eugene Sue, contaminati con "I miserabili" e la Parigi stracciona della corte dei miracoli di "Notre Dame de Paris" e lo straccionismo dell'"Opera da tre soldi" di John Gay rivisitata da Brecht. "Les enfants du Paradis" è un crocevia per vari personaggi, tutti ben tratteggiati da Carné e prima ancora dalla sceneggiatura del poeta Jacques Prévert: la Garance interpretata - bene - da Arletty è una donna libera ("mi piace piacere a chi piace a me" dice), ma che sa anche mantenere vivo un sentimento d'amore, quello per il tenero mimo Baptiste, per anni. Se la contendono altri uomini, dal brillante attore Lemaître (straordinario anche Brasseur) che non esita a stravolgere in farse sul palco i drammi lacrimosi scritti per lui e poi a battersi a duello con gli autori, al criminale ambiguo Lacenaire al nobile dandy Edouard che fa la fine di Marat, pugnalato in un bagno turco. Ma ovviamente il migliore di tutti è Barrault, che anche senza cipria sul volto mantiene la smorfia triste del suo Pierrot, quando arranca tra la folla di maschere nel Carnevale parigino, per raggiungere, disperatamente, il suo amore perduto.
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