Regia di Rohena Gera vedi scheda film
Sempre piacevoli e delicati i film indiani (quelli di Bollywood, per intenderci; ma adesso che Bombay si chiama Mumbai non dovremmo chiamarla Mollywood?), o almeno quelli di loro che arrivano fino a noi. E sempre improntati ad un'avversione contro le loro tradizioni, i matrimoni combinati, i pregiudizi scolpiti nella loro società.
Qui più che contro i matrimoni combinati l'avversione è contro lo status di serva, di campagnola povera ed ignorante (opposto all'abitante della grande città) e di vedova (anche se giovanissima) che marchia indelebilmente e irrevocabilmente la protagonista, ancorchè giovane deliziosa e sensibile. Al "padrone" nasce un debole per lei, che normalmente si sarebbe trasformato in un matrimonio. Ma la loro differenza sociale li obbligherà non solo a non frequentarsi ma, per potersi continuare a voler bene, a vivere uno dalla parte opposta del mondo rispetto all'altra. E solo allora lei potrà chiamarlo per nome (dargli del tu, diremmo qui da noi), anzichè rivolgersi a lui come "sir", "signore".
Insomma, un finale triste: l'amore non trionfa, ma viene pesantemente sconfitto dalle tradizioni.
Infine, così di passaggio, una parola sull'edilizia della metropoli indiana teatro della storia: sconvolgente, più che mozzafiato.
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