Regia di Agnés Varda vedi scheda film
“Si on ouvrait les gens, on trouverait des paysages. Moi, si on m'ouvrait, on trouverait des plages.”
Aveva 90 anni quel giorno a Berlino quando ricevette l’ultimo premio. Qualche mese dopo, quasi un anno, se ne andò, come previde in questo racconto della sua vita, nell’ultima inquadratura, scomparendo in dissolvenza nella foschia del mattino sul mare.
E’ sulla spiaggia con JR, il giovane artista che studiava la sua vecchiaia, avevano finito con Visages Villages e ora guardano il mare.
“JR ha trentatré anni e io ottantotto, ormai ottantanove e lui trentaquattro, la differenza non è cambiata. Ma questa distanza esistente tra noi non ha mai giocato a sfavore, anzi, la gente è stata anche divertita nel vederci. Siamo un po’ come Stanlio e Ollio, lui è alto e magro, io sono un po’ più bassa e robusta”.
Ad Agnés piaceva raccontarsi, non per vanità, l’autocelebrazione non è cosa che si avverte mai nel suo racconto.
Amava parlare della sua vita perché era fatta di altri, quei tanti altri che in 91 anni ha incontrato, guardato, fotografato, amato, e a loro va restituita.
Qui raccoglie tutto e ce ne parla. Si fa testamento in tanti modi, lei usa il cinema perché è quello che ha fatto per tutta la vita.
E’ come buttare un palloncino nell’acqua. Non un sasso, un palloncino. I cerchi concentrici girano attorno al mondo e stampano un sorriso di gioiosa sorpresa in chi li guarda.
Agnés Varda aveva inventato la cinécriture, l’uso della macchina da presa come fosse una penna quando era l’unica donna della Nouvelle Vague che avesse conquistato il diritto di contare fra tutti quei nomi di uomini.
“C'est l'ensemble de mon travail qui me raconte, plus encore que mes propos.”
“Ci sono tre motivi all’origine di un film, ispirazione, creazione, condivisione”, dice in apertura dal palcoscenico del teatro al pubblico di studenti di cinema, una “masterclass” che ci porta nel suo laboratorio di regista.
C’è tutto, in un ordine sparso su cui solo lei sa mettere le mani per offrircelo, e le sue scelte, gli attori, le storie, come usare la macchina da presa, come passare al digitale all’inizio del nuovo millennio, e soprattutto le persone, i volti e le storie che le facce raccontano, nulla manca in una vita piena come un uovo, cose semplici e cose eccezionali, una lunga favola colorata che piace a grandi e piccoli.
Aveva cominciato così da bambina, con la fotografia, e il cinema aveva solo allargato l’orizzonte.
Un mondo, quello di Agnés Varda, singolare-collettivo, uno sguardo sempre curioso sul mondo, uno scrutare dappertutto perché dovunque c’è da imparare, fino a scoprire le patate a forma di cuore o costruire case con vecchie pellicole obsolete e farne una casa del cinema mai pensata prima da nessuno.
Non manca nulla nella sua lunga vita di donna, madre, casalinga e artista: amore, politica, femminismo e rivoluzione, cinema e video art, scrittura.
Eppure la sua fama è recente. Soprattutto dopo Visages Villages, di quella anziana signora grassottella con un caschetto di capelli bicolore, sempre sorridente,ironica e piena di energia, si capì a livello di grande pubblico che grande autrice fosse.
Ma è normale, è stata la sorte di molti e lei ci ride sopra.
“In un certo senso ho fatto pochi film. Non ho mai fatto film d’azione. Non ho mai fatto film di fantascienza. Non ho mai usato ambientazioni molto complicate perché le mie ambizioni erano modeste. Sapevo che non mi avrebbero mai affidato un budget per fare qualcosa di diverso, così mi sono concentrata sulle cose che conosco. Ci sono sempre state avventure mentali che ho desiderato sperimentare e condividere. La sezione cinefila dell’Oscar mi ha scelta quando hanno voluto omaggiare persone che hanno lavorato nel cinema a prescindere dal successo e dai soldi, e sono fiera che abbiano scelto me. È un premio per chi ha lavorato nel cinema non solo senza soldi, ma anche senza ambire ai soldi. E penso di essermi sentita felice e fiera proprio perché hanno capito che tipo di la-voro ho fatto per oltre sessant’anni. Sono rimasta fedele all’ideale di condividere emozioni, impressioni, soprattutto perché la mia forte empatia verso gli altri mi permette di avvicinarmi a persone delle quali normalmente non si parla.Ho sessantacinque anni di lavoro alle spalle, e cosa ne traggo? Il desiderio di trovare legami e rapporti con diversi tipi di persone. Non ho mai fatto un film sulla borghesia, sui ricchi, sulla nobiltà. Ho sempre scelto di mostrare persone che sono in un certo senso come tutti e scoprire che ciascuna di loro ha qualcosa di speciale, di interessante, raro e bello. È il mio modo naturale di guardare alle persone. Non ho combattuto i miei istinti. E forse questo è stato apprezzato nella famosa cerchia di Hollywood.Oltre all’Oscar ha anche ricevuto una Palma d’Oro alla carriera e un altro recente riconoscimento a Marrakech... Penso che mi daranno qualcosa anche a Berlino. Ora che sono vecchia vogliono tutti darmi qualcosa! È come dire, sei vecchia e ti diamo qualcosa. Così ho due armadi pieni. Dico grazie, naturalmente, come quando si riceve un regalo, ma lo considero ingiusto. Dovrebbero premiare un’altra donna, un’altra regista. Ci sono molte registe, in Francia, molte di loro sono brave e io sono la più vecchia, mi dico che ormai sono una statuina, è facile mettermi su un pie-distallo. Ma ho davvero molto rispetto per tante registe che non vengono premiate. Quindi penso sia un po’ un alibi, come dire “Noi rispettiamo le donne”, ma per me è troppo. Altre donne sono proprio brave, vorrei fossero un po’ più visibili. Potrei citare per esempio Céline Sciamma, Naomi Kawase, Ulla Stöckl, Maren Ade, Pascale Ferran, Claire Denis, Emmanuelle Bercot, Noémie Lvovsky, Ruth Beckermann, Sally Potter, Jane Campion e potrei nominarne molte altre.” (da un’intervista di Rhonda Richford, “The Hollywood Reporter”, 31 gennaio 2019)
In Agnés by Varda ci racconta di sé per due ore, dividendo in due parti il racconto, a volte un po’ prolisso ma la perdoniamo, non è facile fare tagli quando c’è tanto da raccontare ed è tutto così vitale.
C’è il ritmo della sua vita in questo lungo racconto, 91 anni ben spesi, degni di ricordo e di emozione.
Non è la grande artista che dall’alto del suo genio (e ce n’era, oh se ce n’era!) distribuisce ai piccoli mortali le perle della sua arte. E’ la vicina di casa che ci racconta la sua giornata, la passante che incrociamo e ci folgora con uno sguardo diverso, e magari la seguiamo perché chissà dove ci porterà.
Forse in una delle spiagge della sua vita, e da lì la vedremo sparire nella nebbia del mattino.
“Si on ouvrait les gens, on trouverait des paysages.
Moi, si on m'ouvrait, on trouverait des plages.”
www.paoladigiuseppe.it
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