Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
Un bel film, che fa riflettere. Ma Father and son era su altre vette.
In definitiva, si parla di una famiglia veramente felice, anche se i modi con cui ottiene questa felicità sono molto discutibili e le persone che la compongono non sono del tutto delle belle persone.
Una famiglia per modo di dire, poi, lui e lei uccisero l’ex di lei, per legittima difesa, il ragazzo non è figlio loro, ma un trovatello che crescono, la nonna una vecchia che non sapeva dove andare, assieme alla nipote che lavora a una sorta di peep show. Il protagonista poi è un ladruncolo che vive di espedienti, e li insegna pure al “figlio” …ma nel complesso sono una famiglia unita e felice. Trovano una bambina sola e senza pensarci troppo la raccolgono e cominciano a crescere pure lei.
Il regista vuole ovviamente farci riflettere sul concetto di famiglia, e sui vari significati della parola stessa. Come aveva già fatto in Father and son (film di una bellezza esagerata, magnifico, splendido), dove ad esempio la questione era: il figlio è quello che procrei o quello che cresci? (c’era stato uno scambio nelle culle, in quel film). L’autore si diverte insomma, in un certo senso, a minare le convinzioni base della società.
Questo è un buon film, il secondo che vedo di questo regista, dove però la (mia) empatia coi protagonisti è stata nulla. Osannato dalla critica di tutto il pianeta, ha lasciato entusiasta il pubblico, che ne ha decretato pure un buon successo economico. Ha vinto il Festival di Cannes ed è andato in finale per l’Oscar al migliore film straniero (battuto da Roma, che non ho visto). Per me siamo sul 7,5, perché è un bel film, recitato e diretto in maniera magnifica (e il bambino e la bambina sono bellissimi), ma non è scattato quel qualcosa in più che mi fa dare i voti più alti.
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