Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
Uno, due, l'asino e il bue. Tre, quattro, il topo e il gattto. Cinque, sei, dimmi chi sei. Sette, otto... asino cotto.
Film drammaticamente spezzato in due tronconi. Il primo, piuttosto noioso, occupa i tre quarti del tempo totale e, oltre che a servire a introdurre (in maniera solo apparentemente distratta) alcuni aspetti della vicenda che si riveleranno poi cruciali, per il resto gira un po’ pigramente su se stesso, rotolandosi in mezzo a ripetute scene di vita quotidiana (presuntivamente) familiare vagamente tutte uguali. L’ultima mezz’ora, profondamente diversa, è invece una vera esplosione dove finalmente ogni cosa prende corpo, senso, sapore, significato emotivo e ragione sociale.
In questa occasione come in altre, trovo però piuttosto disdicevole che, prima di mettere sul tavolo le carte scoperte e dichiarare ad alta voce il proprio rilancio, il gioco di un cineasta, per quanto grande costui possa essere, debba costringere lo spettatore ad uno sforzo di attenzione, ad un azzardo di pazienza forse inutile e dispersivo: è un po’come se, per cucinare un piatto di spaghetti per quattro, si mettesse a bollire sul fuoco un calderone da reggimento dell’esercito, lasciando di là i propri ospiti in balia dei fumi del ragù e di quelli del prosecchino per un’ora e mezza prima di servire.
A bilanciare (senza a mio avviso superare la sufficienza), l’uso delle inquadrature e della fotografia specie sui splendidi volti dei due splendidi bambini. Buona cosa, peraltro parzialmente vanificata dalla solita sfortunata versione doppiata in italiano, dove i bambini, ancorché giapponesi, acquisiscono quel disgustoso accento romano-italico che fa venir vogli di andar via dal tavolo senza vedere le carte, e senza nemmeno aspettare il dolce.
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