Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
E’ il mio primo incontro con il cinema di Koreeda, forse il più acclamato regista giapponese contemporaneo. Vincitore di una Palma d’oro che appare assegnata con merito, il film avrà una distribuzione inevitabilmente limitata e quindi va visto senza esitazione, anche perché si tratta di una pellicola di eccezionale valore artistico. E’ un dramma domestico che segue le vicende di una famiglia fittizia, dove i legami non sono dettati dalla parentela ma dai casi della vita, che accoglie al suo interno una bambina di cinque anni chiamata Yuri che porta i segni di maltrattamenti crudeli subiti dai suoi familiari. La famiglia Shibata si dimostrera’ un valido sostituto per la piccola, anche se il suo precario equilibrio verrà messo alla prova da svariate circostanze.
Diversi critici hanno segnalato un’influenza del genere “Shomin-geki”, il dramma realista su persone di condizione economica modesta di cui il più grande esponente resta Yasujiro Ozu. A mio modesto parere, Koreeda omaggia Ozu, ma ha un suo stile comunque differente, meno spartano, più aperto al piacere della composizione visiva en plein air, da cui derivano sequenze struggenti come quella della gita della famigliola al mare, anche visivamente di notevole effetto. Koreeda riesce a dare un profilo ben definito a numerosi personaggi, tanto che si può parlare giustamente di film corale, e affronta molti temi anche delicati o spinosi come gli abusi sull’infanzia, la precarietà della vecchiaia, la difficoltà di trovare un amore sincero in una società dalle numerose limitazioni di classe, la necessità di tirare a campare senza disdegnare il ricorso a espedienti non proprio onesti. La famiglia “alternativa” degli Shibata è solo una delle tante declinazioni possibili di un concetto che ormai non può più essere racchiuso in schemi precostituiti, in un’epoca in cui il dibattito socio-culturale tenta di estenderlo anche alle cosiddette famiglie allargate, anche se a dire il vero non conosco quali posizioni in merito abbia la società giapponese. Il film ha un andamento fluido, è ricco di notazioni ironiche, di piccole invenzioni che si distinguono per grazia e sensibilità, ed è anche recitato molto bene sia dagli adulti che dai bambini, anzi oserei dire che Koreeda è uno dei migliori “child director” del cinema contemporaneo. Insomma una bella sorpresa, almeno per me che ero rimasto fermo a Kitano fra gli ultimi cineasti nipponici, non mi sorprende che abbia entusiasmato la giuria di Cannes presieduta da Cate Blanchett. Il titolo internazionale è "Shoplifters" che significa "taccheggiatori", quindi mi chiedo se quello italiano sia la traduzione corretta dell'originale, e sinceramente non saprei rispondere.
Voto 10/10
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