Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO La famiglia, i bambini, i vecchi, le generazioni differenti che si tramandano la staffetta di una vita sempre più in salita: il cinema e, più in generale, la poetica di Kore-eda sono quasi sempre incentrate su queste tematiche primarie inerenti la nostra organizzazione sociale. Questa volta lo sguardo discreto, ma finemente indagatore del grande cineasta, si volge verso lo strato sociale più povero, quello della gente che rasenta l'indigenza.
Tanto fa Kore-eda, che ci catapulta all'interno di un supermercato, nel quale un anziano padre insegna al figlio ancora bambino a rubare all'interno tra gli scaffali stracolmi di cibarie. Poi a casa, un buco 20 metri quadri di disordine organizzato, tutti riuniti a mangiare tutti assieme calorosamente, mentre fuori si gela dal freddo, con mamma, sorella e anziana nonna che si taglia le unghie dei piedi. Fatto sta che, proprio quella sera, rientrando a casa i due furfanti ritrovano infreddolita e affamata la stessa bimba giovanissima che già avevano notato in cortile prima di compiere la loro missione delittuosa al centro commerciale. Il gesto umano di portarla a casa e sfamarla avviene naturalmente; quello di tenere con sé una figlia che i genitori naturali non vogliono al punto da non denunciarne la scomparsa, fa invece insorgere nello spettatore un dubbio che già inizialmente ci aveva colto, anche per certe caratteristiche anagrafiche inerenti quel variegato e bizzarro nucleo familiare.
Svelare di più, se già non avete intuito qualcosa o tutto, significherebbe fare un torto a chi avrà il piacere di affrontare questo nuovo delicato tassello incentrato sul valore della famiglia, intesa questa nella sua accezione più universale possibile. Kore-eda si prende i suoi tempi, che gli richiedono le solite due ore abbondanti, appena sufficienti tuttavia per sviscerare i fatti, e tutto ciò che di molto umano dietro di essi si cela. Un cinema in grado di farci riflettere e di provocare emozioni, restando schietto nella narrazione, senza fronzoli melodrammatici ruffiani ed evitando qualsiasi inutile melancolica strumentalizzazione delle circostanze: cosa per nulla scontata, almeno se si dimentica per un attimo la levatura del magnifico regista che ci troviamo di fronte.
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