Regia di Gaspar Noé vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - QUINZAINE DES RÉALISATEURS - prix Art Cinema - CINEMA OLTRECONFINE - TOHORROR FILM FEST 2018
"Mourir est une experience extraordinaire"..... appare ad un certo punto sullo schermo, sotto forma di scritta cubitale capovolta come fosse riflessa su uno specchio.
Una scuola di ballo moderno, in pieni anni '90, si traferisce per un week end ad allenarsi presso un edificio isolato in mezzo ad una valle innevata e disabitata, in modo da garantire ai partecipanti una sorta di ritiro ove concentrarsi per preparare al meglio ognuno il proprio pezzo, il proprio tassello di un mosaico di corpi e movimenti in corso di definizione.
Poi una festa organizzata apparentemente all'ultimo momento, catalizza tutti i presenti attorno ad un drink offerto sotto forma di sangria che, unito a sostanze eccitanti e droghe non ben specificate, getta scompiglio, euforia, panico e disperazione tra gli ospiti, ognuno a seconda del proprio stato mentale, carattere, predisposizione.
Gettando scompiglio e dando luogo a situazioni spesso incresciose o gravi, se non mortali, tra i singoli performer.
Semplice e lineare? Tutt'altro, e, se conoscete almeno un po' l'estro deviato e furente di Noé, sapete certamente del disordine narrativo a cui dovete disporvi, pazienti e obbedienti, nell'affrontare quasi ogni sua opera.
E dunque allora calma, self control...procediamo con ordine... una cosa alla volta....
Anzi no, lasciamoci trasportare dal disordine apparentemente senza logica che già nel 2002, con l'ancor più disturbante Irréversible, lo spericolato cineasta ci aveva sorpreso procedendo a sezionare il suo crudo racconto secondo episodi proposti dall'ultimo al primo, con tanto di titoli di coda all'inizio e viceversa alla fine.
Qui la situazione si ripete in parte, ma secondo una logica ancora più complessa o difficilmente percettibile:
Il film inizia con una delle scene finali (magnifica anche tecnicamente), in cui la mdp esegue una virtuosistica capriola dopo aver intercettato una ragazza nuda e ferita che annaspa congelata sulla neve immacolata appena caduta, ancora fresca.
Poi, dopo i titoli di coda, quasi a metà pellicola, tra cui campeggia l'univo volto noto di Sofia Boutella, ci si introduce all'interno di quel tetro campus improvvisato in cui l'ebbrezza delle parole cede il passo alla danza sfrenata (si tratta di ballerini acrobatici di street dance) e poi all'azione inconsulta e imprevedibile dettata dallo stordimento da cocktail, di cui rimangono vittima tutti, reagendo ognuno in modo differentemente bizzarro.
Disordine, clima(x) di urgenza e pericolo imminente, stordimento da stupefacenti, atmosfere arrossate, malate, asfissianti, sono le costanti del cinema "tossico" ricorrente, ma qualitativamente notevole, di Gaspar Noe, che anche qui sceglie di raccontare, in apparente ordine sparso, una storia di auto-distruzione, che poi, a ricordarla a posteriori, la si ritrova nella mente come percepita in modo lineare e coerente con il suo drammatico e folle percorso cronologico naturale, sviato scientemente dalla spericolata regia ardita.
Non che manchi il calcolo, la maniera, il ricorso ad una scelta stilistica forte che dà carattere e stile ad una vicenda altrimenti come tante.
È lo stile di regia che, come già occorso in passato, rende un film ove molto è già stato detto, al livelli di un'opera tecnicamente notevole, spregiudicata, per nulla protesa a farsi piacere o catturare da un pubblico che, se accorre, è soprattutto per rendere omaggio all'autore di culto, e per pregiarsi dei movimenti di macchina arditi di un cineasta inquieto, ma anche inquietante.
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