Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film
Devstante, invernale, autentico
Al nome Rimini l’associazione nasce spontanea, Rimini era, è Fellini, ma Rimini è anche tanto altro, diciamo che è l’icona dell’Italia usa e getta, è quella fermata dei treni del Nord che d’estate si svuotano lì, e giovani, meno giovani, vecchi e bambini accalcati e sudati lasciano finalmente gli scompartimenti mentre file interminabili di case/vacanza fanno barriera al mare, che occhieggia mortificato dal finestrino e sembra dire “ Eppur ci sono”.
Rimini è anche l’inverno di case chiuse, hotel da una a tre stelle solitari, spiagge vuote, bagni sigillati e vento che ti porta via.
Può perfino nevicare, succede di rado, ma quella volta sembra il castigo di Dio su quegli immigrati immobili, seduti sul bordo della passerella che va al mare.
Seidl gira lì, il mare d’inverno è un posto dove la vita si ferma, fa un giro a vuoto intorno a sé stessa e poi … poi niente, verrà la morte e avrà i suoi occhi.
Parole del regista:
“Ci andavo in vacanza da ragazzino coi miei genitori, avevo in mente mentre scrivevo qualche sua immagine con la nebbia ma non avevo subito deciso di girare a Rimini, pensavo all’Adriatico ma non a una città specifica. Non ho mai considerato però la sua versione estiva, preferisco l’inverno rispetto alla spiaggia con migliaia di persone appiccicate tra loro sotto al sole. Mi piaceva l’idea di arrivare in un luogo immerso in un’ atmosfera opposta a quella con cui si mostra di solito, e che si accordava a questa storia. Richie sa che la sua carriera è finita; la sua unica possibilità è di mettere in scena spettacoli nella stagione morta per un piccolo gruppo di fan. Un posto deserto come quello ha un potere speciale, emana una malinconia che fa pensare. La neve è stata un colpo di fortuna, non accadeva a Rimini da decenni, è stato un vero regalo a cui non potevo rinunciare.”
Chi è Richie.
E’ Richie Bravo (un bravissimo Michael Thomas, che era già in Import/Export e in Hope, terzo episodio della trilogia Paradise), cantante di mezza età in disarmo, qualcosa tra i neomelodici napoletani e i guru del liscio romagnolo in salsa viennese, sopravvissuto agli anni d’oro, quando col suo “fisicaccio” e una voce melodiosa e potente faceva impazzire le donne.
Le quali, oggi avvizzite ma ancora dotate di superstiti bollori, lo seguono in tour fuori stagione a prezzi stracciati, organizzati per dare un po’ d’ossigeno a quegli hotel spettrali in attesa della prossima estate.
Fra uno spettacolo e l’altro per gruppi di donne e qualche spento marito seduti in saloni di devastante squallore, dove l’italica assenza di buon gusto celebra i propri fasti e Richie si esibisce con le sue canzoni amorose (i testi in tedesco sono sottotitolati, allo spettatore nulla è risparmiato) una scopata per integrare le entrate ci sta, le cellulitiche signore gradiscono ( è il caso di usare questa parola, in onore di Fellini) e una discreta busta sparisce nelle tasche del cappottone di foca che Richie ha comprato al mercatino dell’usato.
Richie tira avanti così, è un colosso vicino ai due metri, pancia del bevitore teutonico di litri di birra e vodka (nel film nessuno mangia mai ma si beve molto) e abiti da soirée danzante degli anni belli.
“Richie Bravo non è un eroe brillante è un perdente, la sua vita è un disastro, e lui cerca di uscirne per tenere le cose sotto controllo sperando di tornare di nuovo al successo. La sua casa lo rispecchia, riflette il suo narcisismo, come ama pensarsi. E però sta crollando, andrebbe sistemata ma lui non ha abbastanza soldi per farlo. E alla fine la perderà perché il mondo cambia” dice Seidl.
Al tempo si era fatto un villone in Riviera con i muri tappezzati dei suoi posters che ora trasuda abbandono e freddo, ma c’è sempre qualcuno a cui affittarlo fuori stagione mentre lui va a dormire nell’hotel vuoto di un conoscente.
In Austria c’è un padre demente in clinica, il funerale della mamma ha aperto il film, un fratello rivisto dopo anni è subito lasciato, diretto in Romania dove vive.
In questo scenario che diremmo di ordinaria follia se non fosse di quotidiana realtà appare dal nulla una figlia, Tessa.
Fredda, calcolatrice, legata ad un gruppo di musulmani con cui vive in un camper, vuole soldi, quelli che lui non ha passato a lei e alla madre per diciotto anni.
E’ la svolta nella vita di Richie, da sopravvissuto con un passato in cenere alle sue spalle a new entry nella contemporaneità.
Come? Basta adattarsi, ancora qualche anno, forse, e poi, se non arriva il coccolone per strada, una gentile infermiera sarà lì a indicargli la porta giusta della sua camera, niente paura.
E magari un Lied di Schubert per rifarsi le orecchie!
Il patetico femminile è un punto di forza del film e fa il paio col cialtronesco maschile, le carampane che sbavano per lui non sono lontane dalle ragazzine che disfano le spiagge del Jova beach, mare qui, mare là, d’inverno si gela, d’estate si suda, comunque sia “ ..entro covile o cuna/ è funesta a chi nasce il dì natale”.
Ma non diciamolo a Richie, Siedl, lucido pessimista qual è, ne fa l’eroe perfetto dei nostri tempi, l’invasione mediorientale è vicina ma lui non lo sa, non gl’importa, chiede solo che scopino un po’ la casa dove ormai vivono accampati.
Il bello dell’ambivalenza del lessico italico!
www.paoladigiuseppe.it
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