Regia di Olivier Assayas vedi scheda film
Abbandonate le speculazioni filosofiche di Personal Shopper e di Sils Maria, Olivier Assayas ritorna con Non Fiction alla scrittura più corrosiva mettendo insieme i pezzi di una commedia che riflette sulla dicotomia, inevitabile, tra analogico e digitale. L’incipit è dato dal mondo dell’editoria e dalle scelte che un direttore editoriale, Alain, è chiamato a fare nei confronti di un romanzo autobiografico consegnatogli da uno scrittore e amico di lunga data, Leonard. In un momento in cui il futuro dei libri pare passare attraverso i pdf dell’e-reader o dello smartphone, Alain deve fare i conti con le copie vendute, con i costi del passaggio al digitale e con le incertezze di un pubblico che le ricerche vogliono instabile. Si legge meno, si comprano meno libri ma aumentano i volumi e gli autori in circolazione. Come sopravvivere a tale stallo? Una casa editrice ha costi come qualsiasi altra attività commerciale e dare alle stampe un titolo che già dalle prime battute appare stantio e ripetitivo è un rischio che Alain non vuole correre. Tanto più in concomitanza dei primi passi del passaggio del suo catalogo al digitale, su cui lavora alacremente una giovane e procace esperta di marketing, Laure.
Sul fronte privato, Alain è sposato con Selena, un’attrice di teatro che ha conosciuto il successo come protagonista di una serie televisiva di successo di stampo poliziesco. Del resto, le serie televisive garantiscono notorietà e soprattutto apprezzamento da parte di quella critica oramai fin troppo virtuale che non riesce a capire quale confine esista tra opera d’arte, mera speculazione e produzione dozzinale. A casa di Alain e Selena, tra scrittori e amici, si discute del valore del passato, della tradizione e dell’importanza di un libro. Ma anche del cinema, della musica, della televisione e dell’opinione pubblica, settori che inevitabilmente devono confrontarsi con internet e le sue derive da post-verità, in cui l’agenda setting viene dettata dai trend topic, dalla viralità dei contenuti e dall’odio più o meno pale dei social media.
Man mano che la storia procede, Selena mostra un certo apprezzamento nei confronti del lavoro di Leonard, di cui non cela di gradire scrittura e storia. Il suo gradimento è tale che ne parla con il proprietario della casa editrice proprio quando questa rischia di essere ceduta a una losca società di affari. Le ragioni per cui Selena anela alla pubblicazione del manoscritto sono presto svelate: da sei anni ha una tresca con lo scrittore, impegnato con Valérie, sardonica assistente di un candidato alle elezioni. Ma ad avere una doppia vita è anche il marito, che non disdegna di far sesso con Laure, colei che in un susseguirsi di matrioske ha una relazione (giunta al capolinea) con un’altra donna. Nel momento in cui le tresche vengono alla luce, Non Fiction prende una piega diversa e da riflessione sociologica si trasforma in commedia sentimentale, mettendo insieme una serie di sequenze che mostrano come per il proprio bene e per la propria idea di felicità ognuno sia disposto a rinunciare a qualche cosa. Selena rinuncia alla partecipazione alla quarta stagione della sua serie, Alain accantona il progetto del passaggio al digitale, Leonard accetta la fine della relazione con Selena per costruire il suo nucleo famigliare con Valérie e Laure accetta un lavoro all’estero ponendo fine alle sue relazioni promiscue.
Mentre Cuaron in Roma si interroga su cosa fare della memoria (se dimenticarla o elaborarla), Assayas in Non Fiction si preoccupa del presente e del suo girare a vuoto intorno a tutto ciò che lo riguarda. I suoi protagonisti sembrano non vivere il presente: sono troppo proiettati verso un passato da cui non riescono a staccarsi (Leonard usa costantemente il passato per i suoi lavori mentre Selena è troppo attaccata alla sua vita familiare o al teatro, dove ha mosso i primi passi) o verso un futuro che prima o poi arriverà (Alain punta sul digitale, Laure accetta un lavoro all’estero dove diventerà mentre Valérie darà alla luce un bambino). Nessuno vede ciò che li circonda, nessuno affronta il tradimento che la propria esistenza gli ha riservato, nessuno osa rimettere in discussione la propria vita: meglio viverne due e affogare nella finzione che viverne una vera. La sceneggiatura connota i personaggi grazie alle battute affidate a ognuno di loro e lascia agli attori il compito di impossessarsene: Juliette Binoche, su tutti, si evidenzia per la capacità di prendersi in giro e, perché no, di prenderci amorevolmente in giro.
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