Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Un amore di pochi istanti in una vita dove la felicità non esiste, o non può essere mantenuta dopo che è stata afferrata.
In molti film di Olmi, eccettuati quelli del primo periodo, c'è un qualche evento traumatico e molto sfortunato che sconquassa e distrugge la vita dei personaggi dall'oggi al domani. E' sempre un evento improvviso, quasi casuale, tremendo ma allo stesso tempo banale. E' la cacciata della famiglia di contadini per una minuscola scorrettezza commessa contro il padrone (L'albero degli zoccoli), un incidente stradale (Un certo giorno), un licenziamento (La circostanza).
Quanto alla presente pellicola, c'è anche qui l'evento distruttivo, o anzi addirittura due che succedono quasi assieme e distruggono per sempre la vita di questo omino appassionato di sangue blu, apparentemente servile e sottomesso, ma in realtà ribelle e capace anzi di inaspettati gesti teatrali e persino violenti. Dietro alla remissività esteriore, si nasconde una specie di estremismo e assolutismo, un rifiuto dei compromessi anche su questioni banali, un essere disposti potenzialmente a tutto. E' ovvio che l'amore, incontrato forse per la prima volta in tarda età, è una causa per la quale vale la pena fare qualunque cosa. Comunque, sono in realtà la sua goffaggine e impulsività a guastare una situazione che avrebbe potuto regalargli qualche momento di felicità. Qualche momento e non di più, perché è evidente come lei sia profondamente diversa da lui, e che solo lei se ne renda conto.
La sua attività di studi araldici assume connotati quasi religiosi e di missione personale, vista anche la sua convinzione che le discendenze nobiliari siano ravvisabili nella nobiltà umana del discendente. Ciò non toglie a detta attività un'ombra di ambiguità, che emergerà nel finale: lo fa solo per amore al sangue blu, e onestamente, o raggira degli ingenui a cui piace pensare di essere discendenti di nobili per spillare loro quattrini?
Olmi racconta tutta la vicenda con un tono minimalistico e quotidiano, per niente spettacolare, riproducendo anche un certo grigiore milanese che non se ne va neanche in piena estate. Il regista riesce a catturare momenti di verità e di penetrazione psicologica, specie nei dialoghi tra i due innamorati mal assortiti. Le giornate monotone del protagonista e il breve idillio amoroso che egli vive li ho seguiti volentieri, ma la brusca virata verso il dramma, che ha accenti secondo me sgradevoli, mi è rimasta un po' indigesta. L'omino solitario assume qui connotati patetici e a tratti antipatici, diviso a metà tra vittima e vendicatore. Come dire, avrei molto preferito una storia d'amore, benché tra due persone incompatibili, come Olmi ci aveva abituati nei film del suo esordio. Alcuni personaggi secondari sono abbastanza approfonditi e risultano interessanti, come l'ex-compagno di scuola che ha fatto soldi chissà come, e il portiere del palazzo.
Per ultimo, il finale è tutt'altro che lieto; se mai è patetico e cinico.
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