Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Film ben girato e ben fotografato (del resto non può essere messo in discussione il mestiere di Lenzi), Il cinico, l'infame, il violento risente di qualche lacuna già a partire dalla sceneggiatura. L'ex commissario è diventato un correttore di bozze (almeno così mi sembra di avere capito) in una casa editrice, ma a lavorare ci va davvero poco e molta parte degli eventi sembra alquanto artificiosa, compresa la presenza dello zio antiquario (Guido Alberti) e di un gruppetto di teppisti di quartiere. Merli sembra risentire di questa impostazione anche dal punto di vista recitativo e così pure Saxon, abbastanza statico, e Milian, che non s'incontra mai, sullo schermo, con il protagonista, se non in una breve scena girata in campo lungo, dove si sospetta che l'attore cubano sia sostituito da una controfigura. I comprimari non risultano così efficaci (escluso forse Renzo Palmer, ma anche lui sconta una parte abbastanza sacrificata) e mancano quasi totalmente i personaggi femminili: unidimensionale quello di Gabriella Lepori, pure funzioni narrative gli altri.
Eppure, la storia si fa seguire e quanto si vede intorno alla trama principale descrive piuttosto bene lo humus sul quale crebbe e prosperò quel magma criminale passato alla storia come "banda della Magliana".
Il titolo, che sembra riferirsi a un celebre film di Sergio Leone, elenca tre aggettivi che si attagliano tutti quanti al personaggio del protagonista, cinico nella strategia utilizzata per far eliminare tra loro le bande criminali, infame, per quei criminali, in quanto ex poliziotto, violento indubbiamente per i metodi spicci usati nel mettere fuori combattimento i delinquenti.
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