Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Alberto Sordi s'impossessa subito del secondo film di Rosi e non poteva essere altrimenti, data la strabordante personalità dell'attore romano. E non è un bene per il film, perché il gigionismo di Sordi appare davvero fuori luogo in un film che non sa decidersi tra commedia all'italiana e film di denuncia sulla falsariga di "Fronte del porto" (e non sa nemmeno essere un film sullo spaesamento dell'emigrante come sarà "Rocco e i suoi fratelli", con il quale ha in comune uno dei protagonisti, Renato Salvatori). Certo che la scena di Sordi con la prostituta del gatto a nove code rimarrà un pezzo di bravura fine a sé stesso ma memorabile. "I magliari" è la storia di una serie di perdenti, tutti i personaggi del film: Herr Mayer è un becco, la moglie (Belinda Lee, bellissima e fredda come Amburgo, morta solo ventiseienne due anni dopo questo film) una donna che ha accettato troppi compromessi, Totonno un amorale truffatore di mezza tacca, il clan dei napoletani un'accolita di vigliacchi pronti a piegare il capo davanti al più forte, Don Raffaele un boss consapevole di essere per i suoi uomini, più che un capo, una banca, e Mario un ingenuo pieno di dignità e buoni sentimenti, destinato a restare solo nella squallida realtà di Amburgo.
Il giovane operaio Balducci Mario da Grosseto emigrato ad Hannover, in Germania, progetta di tornare a casa dopo essere stato licenziato dalla fabbrica per cui lavorava, ma incontra l'imbroglione Totonno (romano), a capo di un gruppo di napoletani che lavorano lana e stoffa. Totonno progetta di mettersi in proprio abbandonando la protezione del boss Don Raffaele per trasferirsi ad Amburgo e mettersi con Herr Mayer, anche grazie all'aiuto di Mario che se la fa con la signora Mayer.
Un buon attore, spesso sottovalutato, emarginato e morto troppo presto, quando ancora poteva dare molto al nostro cinema.
Un grande che "non ci azzecca niente" con questo film.
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