Regia di Mario Brenta vedi scheda film
L'aratro viene permutato per il fucile, da parte dell'ex guardacaccia Barnabo, radiato dal corpo per non avere avuto il coraggio di intervenire in difesa di un collega, ferito alla gamba da alcuni bracconieri. Gli si ripresenterà l'occasione di vendicarsi, e di vendicare il collega, ma siamo tra il 1919 e il 1920, nell'immediato indomani della Grande Guerra, quando il tributo di vite umane era già stato abbastanza spaventoso da dissuasere chiunque avesse un cuore dal causare ulteriori vittime. Soprattutto quando i famigerati bracconieri saranno tanto vicini da distinguere in essi dei pover'uomini come tutti gli altri: affamati, stanchi, laceri. Anche se gli spari continueranno ad echeggiare tra le montagne, il cuore di Barnabo non avrà il peso insopportabile di altre vite umane.
L'allievo di Olmi ne eredita i modi, talvolta caricandone alquanto la maniera, soprattutto per l'inesperienza di attori non professionisti, i cui gesti diventano fin troppo teatrali, come quando la bambina porge a Barnabo il pane pronunciando le parole «è appena sfornato».
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