Regia di Christopher Caldwell, Zeek Earl vedi scheda film
During the Gold Rush... Una space opera planetaria; e quindi: un western (sotto forma di b-movie che attua un uso sapienziale del low-budget).
Androcazzutamente ginoide, concreto, solido, robusto, diretto, concentrato B Movie (esordio alla regìa e sceneggiatura di un lungometraggio, dopo una serie di corti - fra i quali l'omonimo prodromo all'opera in questione -, per il duo artistico composto da Zeek Earl e Chris Caldwell), punto. Un "Pitch Black" di David Twohy più "posato".
Un inizio a suo modo folgorante, tra Douglas Trumbull (al di là dell'oblò il moto apparente di stelle, pianeti, lune, basi, satelliti e astronavi: “2001: a Space Odyssey” e “Silent Running”) e un John Carpenter (quello di “Dark Star” - ma no, non c'è il surf spaziale, però si balla un bel po', in molti sensi - e "Ghosts of Mars") musicalmente tarantiniano: splendida la sixties “Crying in the Storm” eseguita non da Emy Jackson ma da Rita Chao & the Quests.
E un prosieguo da lacrimuccia, durante le fasi di sgancio, entrata in orbita e atterraggio: assenza di rumori nel vuoto dello spazio, solamente il rombo sordo dei motori e dello scafo scosso dall'interno dell'abitacolo, soltanto quelli (e il pensiero corre a quel gioiellino di "Europa Report" di Sebastián Cordero e Philip Gelatt).
Dal PdV della verosimiglianza scientifica, l'unico difetto, irrisolvibile ed obbligato dato il budget, ma scommetto non le intenzioni, è l'utilizzo del paesaggio vegetazionale terrestre (con tanto di felci e angiosperme, tanto latifoglie quanto conifere), però con minimi, piccoli ma significativi interventi di CGI (si consideri a tal proposito “Monsters” di Gareth Edwards) performanti: lens flare a mo' di polline, etc... E un bel bruco pienamente terrestre...
Buona prova della semi-debuttante Sophie Thatcher. Ambiguo, respingente e amorevole in bastevoli parti uguali, Jay Duplass si ritaglia la parte del padre di sangue. Pedro Pascal (Oberyn Martell, Principe di Dorn e momento “Nnnuuooo!!” della 4ª stag. di “Game of Thrones”) ne è la controparte, il riflesso, la declinazione: innerva il film di una considerevole presenza scenica.
Impagabile il fotoritratto del capo della setta religiosa colonica (Andre Royo, aka Reginald "Bubbles" Cousins in “the Wire”) ben pasciuto ai tempi d'oro...
Fotografia (che a tutti gli effetti è un personaggio del film) dello stesso Zeek Earl. Montaggio di Paul Frank. Musiche, ottime, e ben utilizzate (supervisione di Dan Wilcox), di Daniel L.K. Caldwell. Scenografie di Matt Acosta. Effetti speciali visivi di Ian Hubert.
Produce, tra gli altri, Chris Weitz. Distribuisce (con Gunpowder e Sky) la meritoria DUST (https://watchdust.com/).
Essendo una space opera planetaria, “ovviamente” è un western (pianeta - per la precisione: luna - di frontiera), e i primi nomi che sorgono alla mente sono quelli della Mattie Ross di Charles Portis (“True Grit”: Kim Darby per Henry Hathaway e Hailee Steinfeld per Joel & Ethan Coen) e della Pella Marsh di Jonathan Lethem in “Girl in LandScape”.
Un auspicio: che Marvel, Lucas e Disney si tengano a debita distanza da Zeek Earl e Chris Caldwell.
Qui il cortometraggio del 2014 alla base di tutto...
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