Regia di Guy Hamilton vedi scheda film
Scialbo, piatto, addirittura autoreferenziale: “L’uomo dalla pistola d’oro” è uno dei peggiori Bond di sempre. Il cattivo di turno (un malsfruttato Christopher Lee che pare un pesce fuor d’acqua), a parte sparare con precisione chirurgica, non sa fare altro, tanto che appare più temibile Nick Nack, il nano orientale che gli fa da aiutante. La Bond girl non è ben definita (la collega Goodnight? La donna di Scaramanga Anders?) e comunque non lascia il segno. Addirittura ritorna, con un ruolo importante, lo sceriffo di “Vivi e lascia morire”, che da azzeccata macchietta diventa qui stantio ed ingombrante coprotagonista. L’azione scarseggia (si conta un inseguimento in canoa ed uno in auto); Q non produce gadget, M non fa che offendere (anche se ha un cazzuto quartier generale in un relitto al porto di Hong Kong), mentre la location, Macao, sarebbe potuta essere Bangkok, Nuova Delhi o Pechino tanto risulta inutile ai fini funzionali del racconto. Poco e mal delineata la definizione dei conflitti tra protagonista e antagonista.
La cosa migliore è l’incipit, con un meraviglioso percorso tra gli specchi in cui i cattivi si palesano e pongono le basi per la singolar tenzone finale. Il finale è irritantemente scontato, sia per le dinamiche che per il modo in cui esso si risolverà. Volendo essere buono, è un mero passaggio a vuoto, volendo non esserlo è un film che crede di aver raggiunto uno status talmente elevato da poter viaggiare col pilota automatico, senza quelle trovate geniali che hanno reso famosa la serie.
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