Regia di Yasujirô Ozu vedi scheda film
Un ottimo film, un po' diverso dal solito, di uno dei rarissimi registi che non deludono mai.
Ukikusa /Erbe fluttuanti è un film, girato nel 1959, in qualche modo un po’ diverso da quelli della maturità di Ozu, dovuto alla sua genesi insolita, così descritta dal regista stesso:
“La Daiei mi aveva invitato a girare un film già dai tempi in cui c’era Mizoguchi. Poi la richiesta mi pervenne ripetutamente anche da Nagata [presidente della Daiei], ma io ero legato alla Shochiku da un contratto per fare un film all’anno. Di solito quel film mi prendeva tutto l’anno. Proprio quell’anno, però, avevo finito presto Buon giorno e mi rimaneva giusto il tempo di girare il film per la Daiei e allora lo feci. Così potei rispettare quella mia promessa di vecchia data.
Avevo già fatto un film all’epoca del cinema muto con questa storia. Volevo farne un altro, sempre con la Shochiku, ambientato sulle nevi dell’Hokuriku con una sceneggiatura intitolata Daikon yakusha [Attori da strapazzo], ma quell’anno non c’era abbastanza neve e, pur andando a Takata o a Sado, le riprese non venivano bene. Sospesi momentaneamente il lavoro e lo riscrissi completamente cambiando la stagione e l’ambientazione, così lo realizzai con la Daiei.”
Il titolo allude all’instabilità delle situazioni narrate nel film che sono più volte rovesciate anche con colpi di scena, riflettendosi anche nei rapporti personali fra i protagonisti. La trama descrive le vicende di uno scalcinato gruppo di attori del teatro kabuki, giunti in una cittadina sul mare nel quale vive Oyoshi (Haruko Sugimura), un’ex amante del capocomico Komajuro (Ganjiro Nakamura) dal quale ha avuto un figlio, Kyoshi (Hiroshi Kawaguchi), ormai adulto che ignora la sua vera paternità. L’attrice Sumiko (la famosa Machiko Kyo), attuale amante di Komajuro, ingelosita dalle visite di questo alla ex e al figlio, dopo un acceso scontro, per vendetta fa sedurre Kyoshi dalla giovane attrice Kayo (Ayako Wakao). La ricomposizione dei contrasti avviene in modo inaspettato dopo che la compagnia teatrale si è sciolta.
I temi trattati sono quelli cari al regista: il complesso rapporto fra genitori e figli e le tradizioni (come il teatro kabuki) che svaniscono progressivamente incalzati dalla modernità; trovo interessante riportare quanto Ozu ha detto in proposito:
“Il tema, come dire, è il cosiddetto mono no aware, una storia di altri tempi, il periodo è quello attuale ma con un sapore un po’ antiquato dell’epoca Meij [1868-1912]. Qualcuno potrebbe dire che allora era meglio raccontare direttamente una storia dell’epoca Meiji, ma anche quello non era così necessario. Tanto più che se si fa un film ambientato in un’altra epoca, le ricerche storiche per documentarsi diventano molto laboriose. Diciamo che alla fine ho fatto rivivere ai nostri tempi una storia di una volta.”
La particolare genesi del film e il fatto di averlo girato per la Daiei, ha fatto sì che Ozu non lavorasse con il suo fedele staff tecnico e abbia utilizzato solo qualcuno dei suoi abituali attori (la Sugimura e un cameo di Chishu Ryu), per cui il consueto rigore stilistico appare attenuato, forse anche preludio ad una graduale evoluzione interrotta dalla prematura scomparsa; cito ancora Ozu: “Non ho nessuna intenzione di fare film per gli schermi di grandi dimensioni, però ho iniziato intenzionalmente a cambiare un po’ la tecnica di ripresa. Ovviamente, anche se dico che la sto cambiando, non significa che lo faccio drasticamente tutto in una volta. Cambio piano piano, senza che la gente se ne accorga. Per esempio, i primi piani sono aumentati e le riprese sono diventate più brevi”. All’inizio del film, infatti, c’è addirittura una panoramica dall’alto (!), sono minori le ellissi (vengono mostrate perfino l effusioni dei due giovani), sono effettivamente più numerosi i primi piani, c’è un minor numero di inquadratura fisse di transizione e un efficace uso del colore: Ozu confessa di aver appreso dal grande direttore della fotografia Kazuo Miyagawa (abituale collaboratore di Mizoguchi) come bilanciare luce e tonalità. Quello che mi convince meno è la recitazione del protagonista, Ganjiro Nakamura, spesso sopra le righe e addirittura manesco, al quale fa da contraltare Haruko Sugimura con la sua consueta pacatezza ma di intensa efficacia espressiva.
Complessivamente Erbe fluttuanti anche se non raggiunge le vette dei grandi capolavori è pur sempre un ottimo film di un regista che non delude mai.
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