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Lady J

Regia di Emmanuel Mouret vedi scheda film

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La recensione su Lady J

di alan smithee
5 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Nella prima metà del '700, sotto il regno di Luigi XV di Borbone, la nobiltà annoiata poteva prendersi il lusso di giocare a gestire i propri crucci amorosi, ordendo trame ed inganni al fine di assicurarsi il pieno appagamento e dare un senso a giornate altrimenti votate all'inedia e alla noia.

In questo contesto sornione e privilegiato, osserviamo i piani strategici che la bellissima vedova Madame de la Pommeraye (Cécile De France) mette in atto, in un primo momento per far perdere la testa al libertino, piacente ed assai facoltoso marchese des Arcis (Edouard Baer), e poi per tentare di riconquistarlo quando costui, stanco della routine sentimentale ormai senza più emozione, dimostra sempre più clamorosamente un suo disinteresse e una certa indifferenza per le grazie della nobildonna, abituata a stare sempre al centro delle attenzioni e dei desideri dell'altro sesso.

La soluzione per vendicarsi dell'oltraggio subito dal suo amante, le cade a proposito sul piatto quando la vedova, impietosita, si appresta a fornire soccorso e protezione ad una ex nobildonna truffata da un falso matrimonio nobile, finita a prostiruirsi: Madame de Joncquières (Natalia Dontcheva), donna un tempo bellissima, ora matura e con a carico una figlia altrettando bella (Alice Isaaz, splendida certo, ma anche molto ingessata nelle sue espressioni di circostanza). Sarà proprio questa ultima splendida creatura a venir utilizzata da esca da parte di Madame de Pommeraye per trarre in inganno il suo ex amante. Ma non tutto procederà come previsto dall'ambizioso ed elaborato piano della scaltra nobildonna vendicatrice.

 

 

Da un regista come Emmanuel Mouret, qui al suo ottavo lungometraggio, abituato a destreggiarsi con disinvoltura e versatilità nei generi più disparati, e che personalmente conosco per quel mediocre noir "Une autre vie" del 2013 visto a Locarno, Mademoiselle de Joncquières si presenta come uno sforzo produttivo formalmente di livello, atto a ricostruire i dettagli scrupolosi d'epoca inerenti vite indolenti e senza un vero costrutto di una casta sociale parassita e cialtrona, capace solo di distruggere per accontentare il proprio sempre più sofisticato desiderio di sopraffazione e la propria ormai latente insoddisfazione del vivere. 

 

 

Valide ambientazioni e ricostruzioni di ambienti e sontuosi costumi femminili d'epoca, risultano di fatto impeccabili, ma anche un po' castranti ed ingessanti nei confronti di una trama che ricorda da vicino le piccanti e rutilanti vicissitudini di personaggi cinematografici molto noti ed apprezzati come l'Angelica di Michéel Mercier, ma rispetto ai quali il film risulta di fatto soccombente, non completamente in grado di conferire vera soddisfazione e brio ad una narrazione condotta in modo molto formale, di una vicenda di trame amorose niente affatto nuova o particolarmente appassionante.  

Come se si stesse scimmiottando un revival de Le relazioni pericolose, ma stando attenti più alla formalità dei cliché d'epoca, che ai contenuti di una vicenda di crucci ed intrighi amorosi sin troppo uguale a tante altre.

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