Regia di Julian Schnabel vedi scheda film
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): locandina
VENEZIA 75 - CONCORSO - COPPA VOLPI MIGLIOR ATTORE A WILLEM DAFOE
La "brama di vivere", o di morire, l'esistenza accidentata, breve, tutta "estasi e tormento" del pittore olandese Vincent Van Gogh, è stata già oggetto di numerose trasposizioni
appassionate quando non riuscite (quella di Minelli citata sopra, di Pialat, persino quella a cura di Robert Altman, che scelse di soffermarsi sul rapporto solidale e a corrente alternata tra i due fratelli Theo e Vincent, e mille altre), avveniristiche e sognanti (l'audace ed interessante episodio dell'ultimo Kurosawa con Martin Scorsese in Sogni), financo violenze impertinenti e spericolate (quell'azzardato clone di Loving Vincent dai più lodato, ma che puzza di plagio irrispettoso), da destare un po' di sospetti sulla reale necessità di tornare in argomento.
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): Willem Dafoe
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): Willem Dafoe
Ora arriva pure la versione di Schnabel, che forse in quanto artista e collega dell'insuperato maestro, si sente autorizzato a dire la sua e ad esporci la sua versione dei fatti, in questo caso dell'ultimo periodo di vita, "francese", ma anche terreno, del geniale pittore olandese.
Schnabel artista multiforme e già avvezzo al biopic nella sua già collaudata - ma a mio giudizio assai deludente e artificiosa - esperienza cinematografica, pare anche stavolta, a mio avviso, mancare la corretta impostazione del racconto.
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): Willem Dafoe
Che si concentra sull'ultimo tormentato soggiorno francese del pittore, foriero di una incessante attività produttiva, ma anche costellato di delusioni ed umiliazioni, soprattutto quando le sue opere vengono puntualmente rifiutate di essere esposte nei locali pubblici di quella Provenza agreste e profumata che così efficacemente sembrava ispirare lui, ed i colleghi impressionisti.
Ma Schnabel, che ostenta per la sua ultima fatica un titolo fantasmagorico e ridondante, sbaglia l'approccio, che pare posticcio e bolso, la costruzione delle scene, che paiono quelle goffe e poco coerenti anche storicamente di una moderna sagra di paese; e poi quelle scenografie accurate, ma bidimensionali e scontate quasi quanto quelle del deludente Basquiat; persino incongrui molti dei volti dei personaggi o delle fonti ispirative dell'artista, i cui tratti troppo contemporanei tradiscono palesemente una modernità che si scontra e fa a botte con un credibile accostamento ai tratti storici del periodo considerato. Possibile che Schnabel non si accorga di nulla e prosegua convinto per il suo sentiero superficiale e scontato?
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): locandina
E passi avere la fortuna di poter disporre di un attore duttile e variegato come Willem Dafoe, capace trasformarsi senza difficoltà in Gesù Cristo e in Pasolini suscitando scandalo, ma senza perdere la faccia, anzi vincendo la temibile sfida.
Qui tuttavia il valido attore, di quasi trent'anni più anziano del suo personaggio, non può far altro che immedesimarsi nel mesto incedere del film, immedesimato a raccontarci sempre un po' le stesse cose, seppur concentrate per periodo storico, ed illustrare gli alti e bassi di un autore che amava rappresentare il calore, la potenza e la positività della vita riproposta e catturata sulla tela, senza tuttavia riuscire a viverne una sua felice e compiuta, coerente con l'armonia che era in grado di cogliere nel quadro.
Uno sconforto che condusse alla follia l'artista, ad una solitudine che si faceva strada nonostante l'appoggio e il conforto di un fratello premuroso (qui invero portato sullo schermo efficacemente da Rupert Friend.).
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità (2018): Willem Dafoe
Bolse e un po' fiacche le altre star coinvolte nel progetto, a partire da Madd Mikkelsen nel ruolo del prete del manicomio che si prende cura del pittore, e il Gauguin rassicurante, confortante, ma anche sempre eccessivamente impegnato e troppo poco presente per scongiurare atti inconsulti da parte del protagonista, interpretato un po' evasivamente da un sin troppo assorto Oscar Isaak.
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Temevo l'ennesimo flop alla biografia di un mio amatissimo (per 1/3) conterraneo. Non ho ancora visionato ma se mi trovassi d'accordo con la recensione, sprecare Dafoe così sarebbe un vero peccato mortale, al di là dell'età. Ho l'impressione che sia il piglio quello che manca per il salto di qualità, tutti vogliono fare una biografia ma urge una "psicografia". Solo con quell'animo si può parlare di Vincent, altrimenti resta tutto nella dimensione dei "normali" con i quali tanto voleva dialogare per spiegare cosa sentiva. Credo sia l'approccio di fondo il problema. Gli occhi sbagliati. Grazie della recensione, recupererò al più presto.
Grazie molte. Penso che tu abbia ragione riguardo ai tuoi timori. E Schnabel, artista e pittore molto prima che regista, avrebbe dovuto percepire prima di ogni altro l'inutilità di una visione così televisiva, scontata e piatta che riesce a darci del grande artista. Se ancora si vuole raccontare qualcosa circa la vita complicata e tragica del pittore, bisogna obbligatoriamente cercare nuovi approcci e nuovi stili. Qui non pare proprio ci si riesca, neppure ci si provi. Mi auguro comunque che tu riesca a vedere presto questo film, e se succede, fammi sapere cosa ne pensi che mi interessa molto. Ciao e grazie, Alan
Concordo su tutto, alla fine l’ho visto, cosa che avevo evitato di fare a Venezia per una specie di fiuto istintivo che mi salva spesso. E il povero Vincent preso in mezzo in questi ultimi anni dalla macchina del cinema che ininterrottamente lo spiaccica sullo schermo cosa direbbe mai? Mah, brutti tempi, caro Vincent, forse peggiori dei tuoi!
Ho voluto cogliere del positivo in questo film, invece, proprio per la difficoltà di poter rappresentare un pittore anomalo, fuori del tempo (per sua stessa ammissione), rendendo palpabile quell'essere così fuori posto...
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