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Hamlet

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Hamlet

di Orlok
8 stelle

Il proggetto più ambizioso e rischioso di Branagh. Il testo di Shakespeare nella sua integralità in un kollossal della durata di oltre quattro ore ( la versione normalmente trasmessa in TV è però di sole due ore ).Una scelta coraggiosa e difficile, dettata principalmente dalla volontà del regista di offrire una visione più completa possibile dell' opera, frutto di venti anni di analisi e riflessioni.
Avvalendosi della collaborazione degli esperti shakespeariani Russel Jackson e Hugh Crutwell, Branagh analizza il testo in ogni sua sfacettatura per cercare di restituire all' opera la complessità e il fascino che nelle precedenti versioni erano stati irrimediabilmente compromessi.
"Hamlet" è una fusione perfetta tra i temi tipici del cinema di Branagh e quelli dell' Amleto shakespeariano; una riflessione sulla vita, la morte, la natura umana, il rapporto tra realtà e artificio, la paura della perdita e l' incapacità degli uomini di affrontare la realtà.
La follia, quindi, in tutte le sue forme ( la pazzia di Ofelia, la lucida follia di Amleto, il rifiuto di Gertrude di vedere i problemi ) diventa l' unica via di fuga da una realtà deludente e crudele, a cui i personaggi preferiscono le menzogne e le falsità che essi stessi hanno creato, incuranti dei cambiamenti di un mondo al quale ormai non appartengono e che presto li dimenticherà ( l' ambientazione, sospesa fuori dal tempo, mostra un mondo alle soglie della modernità in cui i personaggi del dramma, e il dramma stesso, risultano estranei ).
La componente intimista si fonde, come in " Enrico V ", con quella epica e socio-politica, che il regista accentua dando grande risalto alla figura di Fortebraccio, al tema della guerra imminente ( che, seppur priva di precise connotazioni storiche, ricorda molto il primo conflitto mondiale ) e agli squilibri sociali di un mondo ormai prossimo al crollo. La fine di un' epoca, la sconfitta di un mondo che non ha saputo adattarsi ai cambiamenti, destinato a scomparire a favore dei nuovi protagonisti della storia ( nel finale, l' arrivo delle truppe di Fortebraccio si trasforma in un vero e proprio atto di guerra che avrebbe posto fine, in ogni caso, alla vecchia monarchia ).
Fondamentali le scenografie di Tim Harvey, lontane dalla tradizionale ambientazione gotico-medievale solitamente associata all' opera, ispirate invece alle corti nordeuropee ottocentesche. Un mondo di inganni e di illusioni, un labirinto di camere, corridoi,porte nascoste e specchi. Elementi chiave, questi ultimi, di tutto il film. Indicato dallo stesso Amleto come metafora dell' arte teatrale ( a III, sc II ), lo specchio è strumento di introspezione ( "Vi guarderete in uno specchio e vedrete la parte più segreta di voi" dice Amleto alla madre, alcune scene prima schiaccia Ofelia contro uno specchio, infine, proprio davanti ad uno specchio declama il celebre " essere o non essere " ) ma è anche artefice di inganni ( gli specchi della sala del trono sono porte a stanze nascoste, in una delle quali il re e Polonio spiano Amleto ) e simbolo dell' artificiosità di questa gelida Elsinore, alle cui luminose e sfavillanti sale si contrappongono le cupe stanze nascoste ( le salette dietro gli specchi, le scale che portano alla cappella) e un mondo esterno eternamente deserto e coperto dalla neve ( gli esterni del palazzo sono quelli del Blenheim Palace, nell' Oxfordshire, il cui parco è stato cosparso, durante leriprese, da 200 tonnellate di neve artificiale ).
A sottolineare l' atemporalità della vicenda, i costumi di Alexandra Byrne, ispirati alle divise delle grandi monarchie militari nordiche e russe, ma privi di una connotazione storico-goegrafica precisa.
Girato con uno stile che non nasconde l' origine teatrale del testo ( anche le poche scene esterne - l' incontro con lo spettro, la scena del cimitero - mantengono un' atmosfera irreale ), il film celebra al tempo stesso il mezzo cinematografico, esaltando la spettacolarità della visione grazie all' uso del widescreen e della pellicola in 70 mm nella fotografia di Alex Thomson, rivewlandosi più simile alle opere di Lean re Ejzenstein che ai tradizionali film shakespeariani.
Molto efficaci le musiche di Patrick Doyle, che spesso accompagnano i versi di Shakespeare in una straordinaria fusione tra parole e musica ( persa però nella versione italiana ).
Molto ben caratterizzati i personaggi minori ( eccellenti l' Orazio di Nicholas Farrell e l' Ofelia di Kate Winslet ). Derek Jacobi restituisce al suo re la complessità umana che le precedenti versioni avevano dimenticato. Straordinaria infine Julie Christie nel ruolo di Gertrude; meravigliosa la sua recitazione trattenuta, che carica il personaggio di ambiguità e di sensualità ( l' elegia della morte di Ofelia, nella sua semplicità, tocca vertici di commozione straordinari ).
Indimenticabile l' interpretazione di Branagh, che, in contrasto con la tradizione teatrale e cinematografica del personaggio, fa di Amleto un eroe attivo e vitale che forse non soddisferà gli amanti di Olivier.
In ruoli minori, numerose star internazionali ( forse anche troppe ).

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