Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
E' una specie di proto-telenovela sudamericana, di alto livello naturalmente. Ciò che interessa a Bunuel del romanzo è l'amore - anzi passione - vorace, morboso, scomposto, autodistruttivo. Infatti la storia è un concentrato di rivalità, gelosie, ripicche, e strategie per "punire" e far ingelosire. Il risultato di ciò non può essere che la morte. Ma vi è anche un altro aspetto tutt'altro che secondario: il personaggio di Alejandro incarna il tipo passionale, egoista, vendicativo, che esercita un fascino magnetico e quasi ipnotico su tutte le donne, persino facendo sì che una dimentichi il marito e lo umili sfacciatamente in sua presenza. Ben presto le due vittime volontarie cadono preda di una passione divorante, che neppure tentano di controllare. Esse, pur rendendosi conto essere un personaggio negativo e direi cattivo, se ne sentono irresistibilmente attratte e addirittura lo compatiscono e giustificano in tutto. E' un personaggio diabolico assimilato al demonio stesso, come più volte ripetono il vecchio e la domestica. Bunuel era un ateo dichiarato - anche se in modo ambiguo e contradditorio - ma certe idee e situazioni dei suoi film sono più religiose di quelle dei registi cattolici. Bisogna dire anche che la trama di questo film ricorda - e neanche troppo alla lontana - quella di "Susana/Adolescneza torbida", dove l'arrivo di un personaggio demoniaco in un ambiente tranquillo getta scompiglio, odio, rivalità, e qui anche morte e rovina; evidentemente il tema interessava non poco al regista. Come in altri film di Bunuel, troviamo anche la necrofilia, alla quale segue un finale molto originale, in bilico tra sogno e surrealismo.
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