Regia di Augusto Genina vedi scheda film
La storia di Santa Maria Goretti, piccola contadina dei dintorni della Capitale, uccisa dopo un tentativo di stupro nel 1902.
La fede, la virtù (nel senso di castità), il perdono: tre concetti che difficilmente potrebbero essere avvicinati nello stesso contesto, che non hanno granchè in comune fra loro e che però vengono sfruttati solitamente insieme nella propaganda cattolica. Questo film, Cielo sulla palude, è un ottimo esempio di retorica di tale risma: centodieci minuti circa di polpettone scondito che preme con la massima forza il pedale del patetico ed evita accuratamente qualsiasi intento di evidente, diretta denuncia. Sì, il quadro sociale è molto chiaro nella sceneggiatura che Augusto Genina scrive, con la collaborazione di Suso Cecchi D'Amico e Fausto Tozzi, ma nessuno spettatore potrebbe mai scambiare questa pellicola per un'opera neorealista, nonostante Genina giochi furbamente la carta degli attori presi dalla strada: il messaggio del film riguarda fede, virtù e perdono - e solo marginalmente la preoccupante situazione economica e culturale di gran parte della popolazione italiana nell'immediato secondo dopoguerra. Peraltro nel 1949 è tardi per accorgersi della poderosa portata del filone neorealista, che già era stato notato e incensato da pubblico e critica internazionali: Cielo sulla palude arriva in ritardo e cerca di insinuarsi nella scia, ottenendo un risultato dignitosissimo in sè, sul piano formale e sulla morale del racconto, ma dallo scarso potenziale artistico alla luce dei cambiamenti in atto nella settima arte non solo nel Belpaese. Dati i contenuti religiosi la pellicola ottiene comunque numerosi riconoscimenti, fra i quali quello di miglior film a Venezia e ai Nastri d'argento. Per entrambi i protagonisti, Ines Orsini e Mauro Matteucci, la carriera sul grande schermo finirà quasi subito. 3,5/10.
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