Regia di Augusto Genina vedi scheda film
Prima di vedere questo film pensavo che un'opera simile mancava nella storia del cinema italiano (e non solo). Adesso che l'ho visto non lo penso più, ma rimane l'idea che una sia comunque troppo poco. Il taglio è tipicamente neorealista, specie nel mostrare la miseria e le avversità della vita della povera gente. L'ambientazione e di alcuni decenni prima, ma la miseria è tutta quella del primo dopoguerra. Ciò che questo film ha di unico è la tematica religiosa, portata avanti con passione e sincerità, evitando completamente le trappole insidiosissime della retorica e del tono declamatorio, o ancora di quello didascalico. Inoltre non lo trovo per nulla agiografico. Commovente in più di un momento, il film appassiona con la sua semplicità e con il suo lirismo, frutto di una regia ispirata e consapevole, che non pensava al botteghino ma solo a narrare con verità e intensità la parte finale della vita della santa ragazzina. Un punto di forza della pellicola è la stessa piccola protagonista, decisamente espressiva, umile e innocente come doveva essere Maria Goretti. Buono anche il ragazzo, specie quando assume lo sguardo torvo e grifagno proprio di chi sta covando di commettere qualcosa di turpe e vigliacco. Non manca qualche indovinata metafora. Certi passaggi della ragazzina sulla barca nella palude fanno pensare alle difficoltà che stava per incontrare. Anche l'episodio della vipera è abbastanza evidente: il non “uccidere” la vipera e il suo lasciare che si nasconda le danno la possibilità di colpire a morte nell'immediato futuro. Se però le manca il coraggio di denunciare il ragazzo, non le mancherà quello per la scelta estrema nel momento cruciale. Il vero violentatore si pentì e mi pare che pure si consacrò al Signore. Lo so che una morte simile oggi sembra un inutile e sciocco sacrificio, ma non così è essa agli occhi di Dio.
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