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Capitan Conan

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Capitan Conan

di EightAndHalf
8 stelle

Nella grandissima varietà della vita la guerra fa ancora più impressione. Tra il serio e il faceto, l'alto e il cacofonico, Tavernier scivola con caotica grazia nel primo conflitto mondiale, abbozzando antipodi caratteriali come i due protagonisti (Conan e Norbert) che ad un'interpretazione più superficiale possono sembrare programmaticamente opposti, ma che in realtà covano e incarnano nei loro corpi e nelle loro esagerazioni (da una parte e dall'altra) le infinite pulsanti contraddizioni di un'umanità chiusa in gabbia da una violenza disumana e "oltre-umana", fuori dall'umanità e dentro la bestialità. Il gusto per lo straniamento si evince dal continuo cambio di tonalità, di posizione, di punto di vista, il che rende Captain Conan una perla del cinema di guerra, l'insolita e rocambolesca visione di una tragedia immersa nella banalità, nell'ovvio e nell'assurdo.

 

 

La Grande Guerra sta per concludersi, e l'esercito francese di istanza in Grecia comincia a fare dietrofront per tornare nella madrepatria. Ma nei vari paesi da cui l'esercito è costretto a passare è necessario portare a termine missioni complesse e processi per insubordinazione, diserzione e vari reati penali commessi spesso dai soldati stessi ai danni delle popolazioni locali. Quindi dopo aver affrontato il nemico, ecco che la Francia comincia a fare i conti con ciò che rimane di sé stessa, vincitrice. Resta una truppa tutta ammalata di diarrea e dissenteria, che si defila con neanche troppo tatto dall'esecuzione vittoriosa dell'inno nazionale per defecare dietro un muro; restano soldati agguerriti e violenti che violentano, uccidono e rapinano senza motivo; restano generali e comandanti viziati dalle spille e dalle glorificazioni ma soprattutto lontani dalla disciplina militare su cui tanto pontificano; restano dubbi, incertezze: una moralità dispersa e alle prese con la vera, terribile, realtà dell'uomo.

 

 

Captain Conan è un film violento su molti fronti: tematico/contenutistico, stilistico/registico, uditivo/sensitivo. Non solo vengono messe in scena due o tre sequenze particolarmente sanguinolente o quantomeno "bestiali", nel loro improvviso scoppiare, ma si propongono le situazioni più diverse e particolari le une di seguito alle altre senza un ordine ben preciso, con la conseguenza (in parte portata alle estreme, fastidiose, conseguenze, ma certo coraggiosissima) di confondere lo spettatore. E come non confondersi di fronte a tale esplicita mostruosità: il cinema di Bertrand Tavernier ci fa abituare ai suoi personaggi e a quello che diventano, da un momento all'altro, disinteressandosi delle introspezioni psicologiche ma guardando al ridicolo tentativo (dello spettatore?, dell'umanità tutta?) di gestire gli esseri umani per "settori etici": buono, cattivo, Bene e Male, eroe e carnefice, soldato e disertore, gentilezza e ferocia. Tutto si ritrova nella stessa persona, e lo stadio della follia lo si raggiunge con poco, con il vuoto che specie la guerra sa offrire.

 

 

In Captain Conan vediamo prigioni trasformate in bordelli o viceversa, café eleganti diventare teatri di violenza, paesaggi soleggiati accogliere esplosioni di brutalità, giovani esili ammalati con mine nelle mani, e a fronte di tale varietà intervengono i due protagonisti: Conan, con ben 10 rapporti sul curriculum e un titolo di tenente che poco rispetta, nel mancato perseguimento, da parte sua, delle regole più ferree della disciplina; Norbert, studioso di letteratura e abile retore, confuso dal Caos che lo circonda ma spinto da una moralità che certo in Conan non si riscontra. I due sono amici, improvvisamente divengono nemici e poi tornano ad essere amici, e le loro azioni, per quanto intenzionate al giusto, non possono tener conto di un mondo che ha abituato gli uomini ai suoi istinti più bassi e che poi si aspetta un normale ritorno alla civiltà. Se Conan non vuole condannati i suoi uomini per rapina, stupro o omicidio ("prova ad abituare i cani all'insalata"), così Norbert, costretto ad assumere i panni di un Pubblico Ministero militare (per difendere proprio Conan dalle condanne), ha intenzione di perseguire una moralità non più applicabile in simili contesti. Così le ambiguità fioccano, e i personaggi miseramente cadono in una desolazione che il finale ben ritrae.

 

 

Ma non c'è solo ambiguità, nel film di Tavernier: c'è talento visivo da vendere. Nelle scene di guerra, eleganti e terribili al tempo stesso, la telecamera si muove, corre con i soldati, ruota intorno a loro, si fa prendere da elementi che più la attirano, si aggira con la feroce curiosità di capire e con la necessaria mestizia del non comprendere. Si vede il tocco da maestro, dell'Autore serio e impegnato. E nonostante una certa patina a volte troppo sopra le righe, che fa sembrare il film molto più vecchio di quello che è (è del 1996), si tratta sicuramente di una pellicola che non sfigura con il passare degli anni. Interessantissimo e superbo.

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