Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Un Eastwood atipico, ma al solito introverso e solitario. Thriller che funziona, per quanto non tra i migliori film del regista americano. Splendida interpretazione di Hackman.
Un ladro, nell’esercizio delle sue furtive funzioni, assiste ad un omicidio, per di più perpetrato nientemeno che dal Presidente degli Stati Uniti in persona. Non potendo svelare la sua attività, si trova in un doppio fuoco di fila: gli sgherri del Presidente lo cercano per tappargli la bocca, la polizia lo bracca non tanto in quanto ladro, ma come possibile “consulente tecnico” dell’accaduto.
Il plot è semplice quanto avvincente. L’intreccio giocato bene. Il più atipico dei film di Clint Eastwood (thriller psicologico tempestato di complottismo).
Uno dei pochi elementi di contiguità con la “poetica” del futuro regista di “Gran Torino” è l’animo solitario del protagonista, ovviamente Eastwood (ed ovviamente con due espressioni soltanto). Il film ha un’ampiezza tale da mettere in secondo piano il ruolo del protagonista (nonché del feroce antagonista, un irreprensibile Gene Hackman nel ruolo del Presidente), a favore di una storia molto compatta, corale, che incappa tuttavia in lungaggini che pur non inficiandola, certamente non ne agevolano la visione. Un esempio su tutti: la scena madre dell’omicidio dura uno sproposito, forse anche per quella precisa scelta registica di osservare la colluttazione quasi esclusivamente da un solo punto di vista, che assurge il tutto ad una piattezza che per quanto funzionale (capace di rendere l’angusta e scomoda posizione del protagonista, costretto ad un voyeurismo forzato e impossibilitato e scappare) è in ogni caso tronfia.
Un film godibile e che propone un livello di attenzione adeguato. Non certo il meglio della filmografia di Clint Eastwood, ma un prodotto che di certo non sfigura.
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