Regia di Jerry Zaks vedi scheda film
Generalmente è un film abbastanza bistrattato. Le ragioni sono parecchio evidenti: una storia che concentra in un’ora e mezza tutte le disgrazie del mondo, melassa di troppo, poca personalità della regia, un gruppo di mostri sacri che si autocompiace. Eppure, a me è piaciuto. Proprio per questa sua eccessività di fondo che rende tutto dannatamente impossibile, improbabile, spudorato. È un melodrammone di vecchia scuola con una matrice teatrale (l’autore è morto di AIDS, tanto per restare nel clima tragico) neanche tanto evidente, che va considerato in relazione all’obiettivo che si pone: vuole far piangere. Ci riesce? Sì. Grazie a quegli interpreti che criticamente potremmo definire autocompiaciuti, ma che al solito svolgono il proprio compito con bravura. Meryl Streep è la sorella vissuta; Diane Keaton è la sorella troppo buona; Robert De Niro si ritaglia la parte del medico; Leonardo DiCaprio è il ragazzo problematico. Accanto a loro, la presenza di Hume Cronyn (l’infermo Marvin del titolo) e una dolcissima Gwen Verdon. Sì, va bene, c’è una scopiazzatura di un altro film lacrimevole, Voglia di tenerezza, quando Keaton e DiCaprio vanno in macchina in riva al mare, ma è difficile restare indifferenti a tutto il dolore (ruffiano, costruito? Sarà, ma chissenefrega) che scorre, specialmente nella straziante scena in cui Diane racconta a Meryl il proprio infelice amore di gioventù. Un film perfetto da vedere sotto le coperte in una domenica pomeriggio fredda e piovosa.
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