Trama
Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia di Roma. Sono due bravi ragazzi fino al momento in cui, guidando a tarda notte, investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di fortuna: l'uomo che hanno ucciso è un pentito di un clan criminale di zona e facendolo fuori i due ragazzi si sono guadagnati un ruolo, rispetto e il denaro che non hanno mai avuto. Il loro è un biglietto d'entrata per l'inferno che scambiano per un lasciapassare verso il paradiso.
Approfondimento
LA TERRA DELL'ABBASTANZA: L'INFERNO DEI VIVENTI
Scritto e diretto dai fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, La terra dell'abbastanza racconta la storia di Mirko e Manolo, due migliori amici che vivono alla periferia di Roma. Entrambi poveri e con genitori single, sono ancora in età scolastica e si adoperano in lavoretti occasionali per arrivare a fine mese. Insieme condividono sogni di donne, di sesso e di denaro, sperando in una vita futura migliore. Dopo aver ucciso un uomo durante una folle notte, rimangono coinvolti con la mafia locale e le loro vite cambiano drasticamente. Da un momento all'altro, si ritrovano a eseguire gli ordini dei loro nuovi capi e a sporcarsi le mani di sangue. Attirati dai soldi facili e dalle illusioni di una carriera folgorante, non riescono a rendersi conto delle conseguenze della loro scelta. Ben presto, la vita negli inferi diventerà estremamente dura e Mirko e Manolo si scollegheranno dalla famiglia e dagli ex amici, andando incontro a una spirale verso il basso che sembra senza fine.
Con la direzione della fotografia di Paolo Carnera, le scenografie di Paolo Bonfini, i costumi di Massimo Cantini Parrini e le musiche di Toni Bruna, La terra dell'abbastanza viene così raccontato dai due registi in occasione della partecipazione del film nella sezione Panorama del Festival di Berlino 2018: "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Queste parole appartengono a Italo Calvino. Noi volevamo realizzare un film che raccontasse quanto facilmente ci siamo abituati al male. I due personaggi principali uccidono accidentalmente un uomo e poi scelgono la via più semplice: il silenzio. Ma i fantasmi di quanto accaduto non danno loro tregua. E così iniziano a combattere il loro senso di colpa in maniera inaspettata: scelgono di aggiungere ulteriori strati alla loro disumanizzazione piuttosto che cercare di purificarsi da quello che è successo. Quando si profila miracolosamente l'opportunità di entrare nella sfera criminale, i due credono di aver scoperto il loro percorso alternativo: si abituano al male fino al punto di smettere di percepire qualsiasi cosa, persino la loro coscienza. In un mondo in cui la sofferenza è sinonimo di debolezza, Mirko e Manolo si spingono da soli oltre il punto di non ritorno per vedere quanto possono fingere di non provare nulla. Purtroppo, sono loro stessi a pagarne il prezzo: si può fingere fino alla fine. Non c'è un punto di non ritorno, c'è solo la morte. Quando il sangue non ci turba più e la paura cessa di essere un meccanismo di difesa, la violenza diventa l'unica lingua comprensibile... una lingua che brucia la terra ovunque la si parli, indipendentemente dal background delle vittime. Cruciali per la struttura narrativa sono le figure genitoriali dei due ragazzi. Sebbene agli antipodi, sono entrambi vittime dell'inesorabile piega tragica degli eventi: da un lato, c'è la spirale di un padre che, più immaturo dei due giovani protagonisti, spinge il figlio verso il treno che lui stesso ha perso e che continua a inseguire ostinatamente; dall'altro lato, c'è una madre che, al contrario, sta cercando invano di fermare quel treno".
Il cast
A dirigere La terra dell'abbastanza sono i fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo. Nati nel 1988, sono entrambi registi e sceneggiatori. Hanno trascorso la loro infanzia alla periferia di Roma dipingendo, scrivendo poesie e scattando fotografie. Senza avere alle spalle nessuna formazione classica in regia, fanno il… Vedi tutto
Trailer
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Commenti (18) vedi tutti
Il Diavolo fa sempre infiniti proseliti... Gli onesti? Praticamente non sono mai esistiti. 6
commento di BradyCosa c'è di interessante nell'assistere alle cavolate di due menti bacate, se i personaggi non hanno la grandezza di Scorsese e lo sguardo il distacco intellettuale di Pasolini? Un bel nulla. Fin dal titolo impronunciabile i registi mostrano tutta la loro programmatica ricerca della sgradevolezza buona per i critici pigri.
commento di r.237Quando l'immaturità, l'ingenuità e la fragilità si incontrano col male, si aprono le porte dell'inferno in terra. Al di là di uno slang estremo, nonchè di qualche particolare disgustoso, credo che questo film possa contribuire a farci riflettere della nostra vulnerabilità sociale e umana, e non limitata ad una pericolosa giovinezza.
commento di PieroDue ragazzi di periferia finiscono quasi per caso al soldo di un'organizzazione criminale, ma la prendono troppo alla leggera.
leggi la recensione completa di Baliverna"L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme” (Italo Calvino). Qui l’inferno è carne e viscere del corpo dei due protagonisti ed ha i contorni di un luogo tanto anonimo quanto brutale. Davvero un buon esordio per i fratelli D’Innocenzo.
commento di (spopola) 1726792Orrendo
commento di ENNAHOperazione furbetta per un film ben fatto, ma dove tutto è stato già visto e rivisto, sia nella forma che nel contenuto. Storia marginale di periferia che non riesce ad ascendere a tematiche universali.
commento di LehavaRitrattino socio/delinquenziale di borgatari romani troppo sempliciottamente tratteggiato. Dialoghi incomprensibili-detto da un romano- e poi troppi ca..i dopo i 300 ho smesso di contarli. Zingaretti e Tortora non sfigurano.
commento di marco biBello davero aho. Certo se il parlato fosse più intelligibile sarebbe anche meglio.
commento di IlNinjaL'unica cosa che si capisce è "cazzo". Peccato, perché la storia è inedita; gli argomenti, insoliti; il finale, a sorpresa; lo scavo, tormentato e profondo; i profili, originali e persuasivi; e la maleducazione degli autori e della rai ineccepibile ...
commento di kahlzerIl Molise Non Esiste, ovvero: the Land of Scanty - Assuefazione ed Espiazione - Corollario a "Storia di Marco e Ciro (Gomorra)".
leggi la recensione completa di mckMa VAFF ... !!! VOTO.0.
commento di chribio1Gente con destini gia' scritti....sarebbe piaciuto a Pasolini,da non perdere.
commento di ezioOttimo esordio dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo. Bravi i giovanissimi attori
leggi la recensione completa di Furetto60Uno spaccato di periferie senza scampo. Magistrale la fotografia
leggi la recensione completa di siro17Periferie di Roma,oggi. Due ragazzi diciottenni in macchina in una semplice e desolata strada condividono una serata in compagnia prima di andare a scuola il giorno dopo,fino a che tra schiamazzi e risate varie, non finiscono per investire un uomo sbucato dal nulla,al buio.
leggi la recensione completa di Infinity94Basta!! Non se ne può più di questi film in dialetto meridionale. Un po' di rispetto per chi conosce solamente l'italiano!
commento di gruvierazUna storia sbagliata, canterebbe De André. Un piccolo noir di periferia, dove la violenza e il crimine sono rappresentati nel loro aspetto più misero e volgare. Un debutto notevole. Passate parola.
leggi la recensione completa di brianwilson