Regia di Davide Ferrario vedi scheda film
Il ventiduenne Walter (Mastandrea) vagabonda per un'inospitale Torino alla ricerca di un lavoro e nel tentativo di fare qualche esame all'Università. Afflitto dal gelo familiare, disilluso nelle aspettative sentimentali, rimasto ancora vergine, questo giovane Holden degli anni novanta si consola con qualche chiacchiera con la zia giovanilista (un'intonata Caterina Caselli) e rattoppando come può il proprio quotidiano. Espletato il servizio civile, Walter troverà un posto come commesso, perderà la verginità con la complicità di una giovane zingara e tornerà sotto il tetto paterno.
Fedele al respiro della pagina letteraria redatta con intenti autobiografici da Giuseppe Culicchia, girato con uno stile giovanilistico ampiamente debitore all'estetica del videoclip - con accelerazioni e ralenty improvvisi, inquadrature sghembe, tagli di montaggio repentini - il terzo film di Ferrario riscatta l'inconsistenza dei precedenti tratteggiando un ritratto generazionale sociologicamente efficace, nel quale le tematiche della disoccupazione, degli studi portati avanti alla disperata, dell'assenza di ideologie e ideali, della verginità come forma di ribellione anti-sistema e dei rapporti inter-generazionali sono tutte ugualmente guardate con lucido distacco dall'ironico protagonista, che non a caso pensa e parla in terza persona. C'è da domandarsi se Mastandrea riuscirà ad affrancarsi dal suo stereotipo di bulletto per puntare ad altre vette - come già ha fatto Claudio Amendola - o se la sua cifra interpretativa sia solo questa.
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