Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
Squisito adattamento di un racconto di Heinrich von Kleist di cui sembra che conservi in maniera pressoché integrale i dialoghi, "La marchesa di O" è uno dei migliori film di Rohmer, uno dei suoi più densi a livello intellettuale e morale, ma anche uno dei più seducenti per l'occhio e dei più rigorosi nella forma. Nutrito di una problematica etica assai moderna, che investe il ruolo della donna e il libero arbitrio di fronte ad una maternità non voluta, ma subita a causa di un abuso sessuale, il film può contare, come sempre nel cinema di Rohmer, su dialoghi molto lunghi ed elaborati, "un cinema della parola" che però ha dalla sua una grazia ed un'intelligenza non comuni, una ricchezza di prospettive psicologiche che aiuta lo spettatore a districarsi nella complessa materia narrativa e, soprattutto, ne tiene desta l'attenzione senza il rischio della noia. Potendo contare su una fotografia di Nestor Almendros di fortissimo effetto, dalle risonanze inevitabilmente à la Barry Lyndon, Rohmer mantiene un ritmo sostenuto a livello narrativo e trae partito tanto dalla composizione figurativa che dai movimenti di macchina, rinunciando a certi svolazzi superflui dei suoi film di ambientazione contemporanea. Bravissima e spesso sconvolgente nella sua intensità Edith Clever, ben affiancata da un Bruno Ganz sapientemente prosciugato e da validi caratteristi, fra cui il wendersiano Otto Sander nella parte del fratello. Un film che avrà forse poca attrattiva sulle giovani generazioni, ma che merita di essere riscoperto e valorizzato nella sua intransigente coerenza stilistica; personalmente ho visionato la copia francese, ma mi pare di capire che la versione originale sia da considerare quella in tedesco.
voto 9/10
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